Kiprop e il «giallo» del doping
La denuncia di un atleta del team di Gabriele Rosa: sono pulito
Lui, che nella vita fa anche il poliziotto, assicura di essere pulito: «Il campione è stato manipolato». Keniano doc, atleta del team del bresciano Gabriele Rosa che vanta medaglie olimpiche nei 1.500, è risultato positivo a un test antidoping in Kenya. L’appello al governo: «Intervenite».
Ventinove anni da compiere a giugno, di cui 10 vissuti da re del mezzofondo mondiale, specialità 1500. Ma l’altro giorno il trono di Asbel Kiprop ha iniziato a traballare per una positività all’Epo, anche se sono in corso ulteriori accertamenti. I contorni — che si delineano in un Paese, il Kenya, sempre meno trasparente rispetto a esami e utilizzo di «aiutini» — sono piuttosto anomali e la sua dichiarazione di innocenza su Facebook nelle ultime ore ha fatto il giro del mondo, passando anche da Brescia, dove abita il suo manager Federico Rosa, che lo assiste per pianificare allenamenti e partecipazioni alle competizioni.
«Non vado in Kenya da due anni. Asbel non lo vedo da agosto, ma ci sentiamo via mail o al telefono. È uno che non prende né sali né vitamine perché ritiene che ciò di cui ha bisogno sta nella corretta alimentazione», spiega il manager da Doha, dove è in corso la Diamond League. Dal punto di vista medico sportivo, però, il rischio è quello di trovarsi in una jungla perché «gli atleti si autogestiscono», spiega Gabriele Rosa, padre di Federico e patron della Rosa Associati che segue molti atleti africani e che, nel recente passato, è stata coinvolta in altri casi di doping, risultando alla fine assolutamente estranea, con tanto di lettera di scuse del ministero per la Salute del Kenya e solidarietà da atleti e addetti ai lavori di tutto il mondo. Ma nel caso Kiprop allo scossone «doping» segue la denuncia dell’atleta di un grave stato di corruzione all’interno dell’agenzia keniana dell’antidoping. In Kenya è previsto il carcere per chi si «aiuta», eppure «il sistema è totalmente compromesso», continua il manager che in carriera ha rappresentato oltre duemila atleti (5 quelli caduti in tentazione).
Forse questa volta è diverso. Kiprop, da sempre paladino della lotta alle sostanze proibite, ripercorre quanto accaduto da atleta (al collo medaglie olimpiche e mondiali), ma anche da poliziotto (la sua professione). Racconta di un prelievo del campione di urina annunciato, contro ogni indicazione Wada, con una telefonata, eseguito il giorno dopo, «fuori competizione», lontano dalle gare, terminato il
G. Rosa Il governo keniano intervenga: noi siamo lì per aiutare gli atleti
quale Kiprop dichiara di aver ricevuto una richiesta di denaro dai due funzionari incaricati, pensando, al momento, a una necessità improvvisa, non legata al prelievo. Kiprop pone il sospetto della manipolazione del campione proprio nel momento in cui lo ha lasciato sul tavolo per andare a fare il trasferimento (via cellulare) dei soldi. «Forse se ne aspettavano di più e così le mie analisi sono diventate positive», ipotizza. «Credo che se uno ha qualcosa da nascondere non si fa trovare, visto che c’è la possibilità di 3 missing in un anno. Lui in carriera non ha mai mancato un controllo», evidenzia il suo manager. «Questo fatto — dice Gabriele Rosa (che sulla positività di Kiprop ancora non si pronuncia) — può essere legato a situazioni in cui medici e farmacisti locali agiscono con furbizia, pensando al business (a discapito dell’atletica pulita, ndr). Noi chiediamo un intervento del Governo keniano perché ponga fine a tutto questo. Siamo lì per aiutare gli atleti a crescere».