Un logaritmo per sconfiggere lo smog
A Ingegneria due incontri internazionali per migliorare l’aria ancora troppo malata
Modelli matematici che studiano le migliori azioni per ridurre l’inquinamento atmosferico, ottimizzando le ricadute per l’economia e la salute. È la sfida di cui si discuterà a Ingegneria, in due incontri scientifici di livello internazionale. L’obiettivo è dare ai decisori istituzionali strumenti per ridurre le prime tre fonti di smog: traffico, riscaldamento domestico, allevamenti intensivi. Ma bisogna passare dalla politica dei divieti a quella degli incentivi.
(Integrated Assessment Modelling), per combattere al meglio l’inquinamento atmosferico. Un approccio «strutturalista» dove ogni singola azione non può prescindere dalle altre, così come una decisione in campo ambientale non può prescindere dalle conseguenze economiche, sanitarie, sociali.
Una sorta di rivoluzione copernicana nell’affrontare la questione ambientale, che deve diventare anche questione culturale, economica, politica. Per questo nel workshop del 10 e 11 maggio saranno coinvolti anche enti locali ed istituzioni. Perché la guerra allo smog non può e non deve passare solo dai divieti emergenziali (lo stop alle vecchie auto diesel) ma anche da un piano di incentivi per agire — a lungo termine — sulla riduzione delle principali fonti inquinanti: traffico, riscaldamento domestico, allevamenti intensivi. Ne è convinta la professoressa Maria Luisa Volta, docente ad Ingegneria e coordinatrice di diversi progetti europei per il miglioramento della qualità dell’aria. Un esempio pratico: l’abbassamento dei limiti massimi di velocità in autostrada, misura richiesta dal comune di Brescia ma non ancora concessa dal ministero. «Una misura valida dal punto di vista costibenefici — ricorda Volta — viso che si diminuirebbero emissioni inquinanti ma anche l’incidentalità e quindi i costi sanitari». I modelli matematici potenzialmente hanno molte applicazioni: «L’accordo del 2017 tra le quattro regioni del Nord per contrastare l’inquinamento atmosferico — prosegue la professoressa — si basa prevalentemente su una serie di divieti. Ma non si può dire alla gente di non circolare con le auto diesel Euro 3 da ottobre a marzo senza favorire l’acquisto di auto più performanti». Certo, quando si parla di incentivi pubblici la «coperta è sempre corta», per questo vanno bene indirizzati: «A questo serve il modello di valutazione». Guai ad interrom- pere le detrazioni fiscali per gli efficientamenti energetici delle abitazioni, mentre «servono più incentivi per trovare alternative allo spandimento di liquami in agricoltura, che sono la prima fonte d’ammoniaca, precursore del particolato fine. Ricordiamoci che nel 2017 la città con più superi di Pm10 è stata Cremona, dove l’agricoltura ha un peso preponderante». Certo non c’è una ricetta valida per tutti i territori: «Dobbiamo creare un motore intelligente che scelga tra un database di azioni, in modo tale che i decisori politici possano preferire l’opzione migliore, tendendo conto anche degli aspetti sociali. Se introducessimo l’obbligo di girare solo a piedi in città logicamente non verrebbe accettato». Su Brescia la Volta non ha dubbi, «Il teleriscaldamento è una scelta virtuosa per un motivo tecnico molto semplice: dal punto di vista della dispersione degli inquinanti meglio avere pochi camini ben controllati ad una altezza molto elevata che molte caldaie a bassa quota e magari non mantenute. Teleriscaldamento che può essere alimentato non solo con rifiuti e metano ma anche con il vapore delle acciaierie o con il solare termico».
Grazie a veicoli, impianti termici ed industriali più moderni l’inquinamento atmosferico è in costante calo negli anni; ma ora all’Italia serve un colpo di reni «ovvero azioni che taglino lo smog, i costi sanitari e nel contempo rilancino l’economia». Una sfida dialogante che ora entra nel vivo. Brescia, questa volta, c’è.
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