Terrorismo, soldi per le armi
La raccolta anche da Brescia. Dieci ordinanze di custodia firmate dal gip Bianchetti
L’accusa è di finanziamento internazionale di attività terroristiche. Due milioni di euro circa a Al Nusra, per procurarsi medicinali, vestiti e armi. Dieci persone (siriani e marocchini) sono finite in carcere: il provvedimento è del gip di Brescia Carlo Bianchetti.
L’accusa è pesantissima: finanziamento internazionale di attività terroristiche. Due milioni di euro circa alla formazione estremista Al Nusra, che sarebbero serviti non solo per procurarsi medicinali, vestiti, soccorso. Ma anche le armi. Per dieci persone (siriani e marocchini) è scattata la custodia cautelare in carcere. E a firmare l’ordinanza è stato il gip di Brescia Carlo Bianchetti. Perché questa maxi operazione che coinvolge mezza Italia e due giudici (anche Sassari) parte proprio da qui.
In particolare, come evidenziato dal gip, gli accertamenti nascono da un collegamento investigativo tra due procedimenti pendenti — uno a Brescia e uno in Sardegna — per associazione con finalità di terrorismo internazionale, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, riciclaggio ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria a carico di cittadini, prevalentemente siriani, già residenti in Italia fino al 2016. La nostra Guardia di Finanza ha iniziato a lavorare al caso nel 2015, prendendo spunto dall’analisi dei flussi finanziari intercorsi grazie ai money transfer con i così detti «Paesi a rischio»: decine gli indagati, tra persone fisiche e società, che avrebbero movimentato centinaia di migliaia di euro raccogliendo in maniera illecita rimesse di denaro destinate a terzi.
Alcune intercettazioni avrebbero rivelato «un articolato sistema finanziario abusivo», noto con il nome di “hawala”, conforme ai dettami della legge islamica tradizionale, fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco e spesso utilizzato dalla comunità musulmana per gli scambi monetari.
Scambi legati al traffico di migranti sulla rotta balcanica e gestito da tale El-Haji Anwar, alias Daadoue Anwar: trasferito in Svezia (dove è in cella) e «collante» tra Brescia e la Sardegna. E proprio dalle indagini condotte in tandem tra le procure di via Gambara e di Cagliari sarebbero emersi «gravi elementi probatori idonei a sostenere che molte persone, sotto la direzione di Haji Anwar, si occupino del trasferimento, al di fuori dei convenzionali canali bancari, di ingenti somme di denaro contante, anche destinandole in Siria».
E proprio in relazione ai «fratelli siriani» beneficiari del denaro sono state acquisite le dichiarazioni rese da tale Abdulmalek Mohamad, già indagato a Cagliari. È stato interrogato il 3 e il 6 aprile 2017 dai pm di Brescia e Cagliari. Avrebbe «ampiamente riferito» dei rapporti tra i diversi esponenti della comunità siriana stabilita in Italia e le associazioni terroristiche riferibili allo Stato Islamico o ad AlNusra, «una milizia molto chiusa, a differenza dell’esercito di liberazione, che viene finanziato dagli americani, dall’Arabia Saudita e dalla Turchia».
«Il denaro in gran parte proveniva dall’immigrazione clandestina», ha confermato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Cafiero de Raho, sottolineando che c’è dunque una «vicinanza tra uomini che gestiscono il traffico di migranti e uomini che gestiscono il terrorismo». Ma non è solo questo il problema: «Il dato allarmante — ha aggiunto il procuratore aggiunto di Brescia Carlo Nocerino, da Roma — è la capacità dell’organizzazione di gestire la raccolta di denaro in Italia e la velocità nell’organizzare poi il trasferimento dei flussi finanziari». Eppure, dice il capo del servizio esterno dell’Antiterrorismo Claudio Galzerano, «gli indagati sono tutti immigrati regolari e hanno approvato in pieno la linea dei terroristi. Sono tra noi e spetta a noi fermarli».
Il legame Vicinanza tra chi gestisce il traffico di migranti e chi il terrorismo