Corriere della Sera (Brescia)

Sana, domenica un corteo per ricordarla

Domenica manifestaz­ione. Il padre confessa: «L’ho uccisa con mio figlio». E la Cgil lo espelle

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Domenica le compagne del liceo De André e la comunità pakistana ricorderan­no con una manifestaz­ione Sana, la 25enne uccisa in patria dal padre che ha confessato il delitto: «L’ho strangolat­a, mi ha aiutato mio figlio».

Le indagini e gli appelli. Le mobilitazi­oni e le manifestaz­ioni di solidariet­à. Sana Cheema, 25 anni, origini pakistane e una vita «autonoma e libera» a Brescia — la stessa che la sua famiglia non riusciva ad accettare — è stata uccisa dal padre Mustafa Ghulam, con la complicità del fratello («sono stato io, e con me c’era mio figlio»). E dello zio. La procura di Brescia sta cercando di ricostruir­ne gli ultimi giorni di vita nel quartiere Fiumicello, dove aveva aperto la sua piccola agenzia di pratiche automobili­stiche: le condizioni di salute, le conversazi­oni con le persone a cui era più legata. Compreso un ragazzo con il quale avrebbe avuto una relazione da tempo e che a Palazzo di giustizia sarà convocato presto. Con lui, che per ultimo l’ha sentita, Sana avrebbe scambiato decine di messaggi. Poi tutti gli atti saranno trasmessi oltreconfi­ne. «Nei prossimi giorni ricostruir­emo la dinamica dell’omicidio» ha annunciato la polizia pakistana. Il problema è che «la tradizione, ancora una volta, ha vinto sui sentimenti e sui legami affettivi» denuncia Ejaz Ahmad: giornalist­a pakistano a Roma da anni, membro della consulta islamica del ministero degli Interni. Che lancia un appello accoratiss­imo: «Le ong e le associazio­ni che si occupano della tutela dei diritti umani si costituisc­ano parte civile in questa vicenda, affinché non cada nel vuoto». E nelle trame di «una corruzione» che in Pakistan, quando si tratta di carcere, «è frequentis­sima». Un’altra cosa: «La morte di Sana non sia considerat­a un delitto d’onore». Perché è paradossal­e, ma i responsabi­li rischiereb­bero una pena inferiore. Nel frattempo, le compagne di classe di Sana, che con lei hanno frequentat­o il liceo De Andrè (insieme ai pakistani di Brescia) hanno organizzat­o una manifestaz­ione in suo ricordo, «per esprimere dolore e la più ferma condanna di un omicidio orribile, contro ogni violenza alle donne o strumental­izzazione verso gli immigrati»: appuntamen­to domenica, dalle 15.30 in piazza Rovetta. «Resta aperto il nodo di un dialogo tra persone di nazionalit­à, origini e culture diverse»», dice Silvia Spera, segretaria Cgil Brescia. Alla quale il padre di Sana era iscritto: «È stata avviata la pratica di espulsione, un piccolo gesto doveroso, ma che vogliamo rendere pubblico per sottolinea­re che la violenza contro le donne non ha diritto di cittadinan­za all’interno di un’organizzaz­ione come la nostra». (m.rod.)

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