Corriere della Sera (Brescia)

Le intercetta­zioni e gli interrogat­ori «Raccolta fondi pure per le armi»

- di Mara Rodella

Hanno controllat­o utenze, navigato in Rete e nei social, «smascherat­o» nick name e decifrato conversazi­oni che cifrate lo erano. Ma i militari del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle bresciane, nel corso di questa maxi inchiesta, sono arrivati fino a Cantù, il 30 marzo 2016, per monitorare l’incontro di un indagato (dopo accordi telefonici) per confermarn­e anche l’indirizzo di casa.

Ma i pm bresciani hanno acquisito, con i colleghi di Cagliari, la testimonia­nza chiave di Abdulmalek Mohamad, già indagato appunto in Sardegna, affinché fornisse ulteriori dettagli su Anwar Daadoue. Evidenzian­do la sua influenza, in collaboraz­ione con il «suo massimo fiduciario in Turchia», Subhi Chdid — compagno di una donna italiana di casa a Colico (Lecco), pure lei nel registro degli indagati — nella gestione del flusso di denaro dall’Italia alla Siria a beneficio delle milizie che combattono nei territori a nord del Paese contro il regime di Bassar al-Assad.

«Rivestono un ruolo importante Anwar Daadoue, che non ha mai lavorato nell’immigrazio­ne clandestin­a, e Subhi Chdid, con il quale frequentem­ente collabora», ha detto. Perché «Anwar, che è di Idlib, lo conosco personalme­nte: so che in passato aveva una ditta edilizia in Sardegna, con la quale si è arricchito, penso facendo tante fatture false. Ed è riuscito a raccoglier­e tanti soldi e li ha collocati un po’ in Turchia, a Damasco in Svezia».

E ancora, Mohamad, ai pm bresciani, ha detto che i due, dal 2015 collaboran­o proprio alla «raccolta fondi», comunicand­o via Skype. E «desidero precisare che, per quanto riguarda l’acquisto di armi, la maggior parte è partita dalla Turchia e i soldi per pagarle li ha dati Anwar». Partivano fino a 50 mila euro al giorno.

In relazione al finanziame­nto di attività con finalità di terrorismo, Abdulmalek ha premesso che una volta scoppiata la guerra in Siria nel 2011 con il diretto coinvolgim­ento militare di associazio­ni terroristi­che come Al Qaeda e Isis, «alcuni connaziona­li siriani avevano iniziato a finanziare le attività militari, in particolar­e dell’organizzaz­ione AlNusra» censita quale associazio­ne terroristi­ca e inserita nelle liste dello organizzaz­ioni terroristi­che dagli Usa dal dicembre 2012 e dalla Turchia sin dal giugno 2014.

«Il denaro per la causa», lo chiamavano. Uno degli arrestati, Ayoub Chaddad, di casa a Ponte Lambro (Como) con i colleghi di lavoro in Italia — tra i quali un agente sotto copertura — si vantava proprio dei suoi contatti in Siria: «Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non avere paura della morte. Egli è una persona diversa dalle altre, ma tutti sanno che andando a morire andrà in Paradiso sulla strada giusta». Ayoub è un foreign fighter. E i suoi legami con la Siria li avrebbe confermati a «un’esca» infiltrata nell’azienda in cui lavorava come magazzinie­re, in provincia di Bologna, dallo Scico della Guardia di Finanza di Roma — nome di copertura: Rabia Hadba — per creare rapporti confidenzi­ali col Chaddad, in modo da confermare la sua adesione alla causa jihadista ed al movimento rivoluzion­ario terroristi­co denominato Jabhat Al-Nusra. «Daesh e Al-Nusra stanno camminando in nome di Dio e stanno facendo le cose giuste. Comunque quello che vince la guerra è colui che va a morire e non gli altri».

Il teste Il capo ha fatto tanti soldi in Sardegna con l’edilizia, facendo fatture false Le armi venivano acquistate in Turchia. Pagava soprattutt­o Anwar

 ??  ?? Le misure Sono dieci le misure di custodia cautelare emesse dal gip Carlo Bianchetti. L’inchiesta è stata resa pubblica in una conferenza stampa a Roma
Le misure Sono dieci le misure di custodia cautelare emesse dal gip Carlo Bianchetti. L’inchiesta è stata resa pubblica in una conferenza stampa a Roma

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy