Corriere della Sera (Brescia)

Messina e Minini dioscuri dell’arte tra classicism­o e sperimenta­zione

- Alessandra Troncana

Il volto mistico, il corpo sottile e perennemen­te vestito di nero, Vanessa Beecroft è ossessiona­ta dalle ammucchiat­e femminili: gruppi di ragazze nude, mute, intrappola­te in guaine color carne e ammassate in grovigli di carne. Per la mostra, però, tra le opere che ha colleziona­to dell’artista, Massimo Minini ha scelto due teste in bronzo lucido senza occhi. Di fronte a loro, sfacciate, le femmine impudiche di Francesco Messina. Qui il classicism­o. Là la sperimenta­zione.

Due poetiche che si annusano, si scrutano e scoprono insospetta­bili affinità elettive: Minini ha riempito lo Studio Museo Francesco Messina, a Milano, con i propri feticci. Opere di Adolfo Wildt, Letizia Cariello, Paolo Icaro, Giacomo Manzù, Armando Andrade Tudela e Vanessa Beecroft (per fare due nomi a caso) scelte dalla sua collezione personale e accostate alle fotografie-ritratto scattate dallo stesso Minini ai suoi preziosi. Da una parte, quindi, il collezioni­sta bulimico. Dall’altra, lo scultore dei Cavalli morenti. Capita che le lolite di Messina guardino una mimesi di Paolini o che le «ragazzotte grasse» (cit Minini) del padrone di casa si trovino a invidiare le veneri affusolate di Icaro, in un dialogo che trova il suo climax nella Martire di Wildt. «Un mondo guarda all’altro con curiosità, a volte con diffidenza, comunque sempre con rispetto» scrive il gallerista che, attraverso la fotografia, fa trapelare una visione inedita, diversa e più emotiva, delle sue opere, trasforman­dole in racconti. Photosensi­bile, il titolo della mostra, dura fino a domenica: i ritardatar­i si spiccino.

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