Loggia e sfide: ridurre i rifiuti e i loro costi
L’analisi e le ricette degli 8 candidati
Con l’introduzione del sistema misto la raccolta differenziata è balzata dal 38 al 65% in due anni, centrando gli obiettivi di legge. Ora la sfida sta nell’introdurre una tariffa puntuale (paga meno chi ricicla di più) e una riduzione della produzione di rifiuti che è ancora superiore alla media italiana. Nei loro programmi gli otto candidati sindaco avanzano ricette differenti: Del Bono promette di affinare l’attuale sistema e ridurre del 10% la Tari, i 5 Stelle vorrebbero l’addio alla calotta e il porta a porta spinto mentre il centrodestra il contrario: stop al porta a porta e un sistema smart di cassonetti (che in centro sarebbero interrati) e compattatori.
L’introduzione graduale (iniziata nell’aprile 2016) del nuovo sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani (porta a porta per carta, vetro, plastica e cassonetti a calotta per umido e indifferenziato) ha segnato un cambio di passo storico per la città. Paragonabile all’entrata in funzione del metrò (nel 2013).
Abbandonare l’abitudine del sacco nero con il quale si buttava tutto nel cassonetto grigio — accessibile a tutti, anche ai non residenti — per qualcuno non è stato facile. Ma i risultati ottenuti — un balzo della differenziata dal 38 al 65% in due anni — dimostrano che i tempi e la coscienza ecologica dei bresciani erano maturi al punto giusto. Anche perché, giova ricordarlo, era un decreto legislativo del 2012 che chiedeva questo balzo: la quota del 65% di differenziata doveva essere raggiunta addirittura già nel 2012, mentre gli obiettivi Ue impongono l’effettivo avvio al riciclo di almeno il 50% dei rifiuti urbani entro il 2020. Brescia ha recuperato il ritardo. Certo inizialmente non sono mancate le polemiche, dall’organizzazione delle raccolte condominiali al leggero aumento della Tari nel 2016. Ed è ancora viva in città la leggenda metropolitana che racconta dei rifiuti differenziati con fatica finire comunque nell’inceneritore (non è così, la filiera del rifiuto è tracciata e va nei centri di recupero di A2A). Il nuovo sistema ha comunque avuto un altro indubbio vantaggio: ha contribuito a diminuire di un sesto (da 134mila a 112mila tonnellate) i rifiuti prodotti in città, anche se i numeri sono ancora alti: 570 kg pro capite l’anno, oltre 70 in chili in più della media italiana.
Sistema che certamente va affinato. Ma come? Restando in Italia, senza scomodare il nord Europa, i modelli virtuosi da seguire sono Parma e Trento (indicati per la verità anche dall’assessore uscente all’Ambiente Gigi Fondra). Lì è da anni adottata la tariffa puntuale, dove il cittadino paga solo quello che effettivamente butta (in inglese Payt, acronimo di “Pay as you throw”). Un metodo che indirettamente incentiva a ridurre la produzione di rifiuti. E che sarà possibile adottare con una rivoluzione smart: i badge che possiedo i bresciani per aprire le calotte dovranno essere programmati per leggere e memorizzare gli accessi, facendo presumibilmente pagare meno a chi li utilizza meno. Parlano di tariffazione puntuale il centrosinistra e i 5 Stelle; questi ultimi però vogliono un porta a porta ancora più spinto (come è a Parma e a Trento, del resto) ed il superamento delle calotte, che nel programma di Del Bono non c’è. Il centrodestra invece il «porta a porta» lo vuole abolire, e pensa alle sole calotte intelligenti, che in centro saranno interrate ed in grado di leggere automaticamente i diversi sacchetti. Il rischio però è che la qualità della differenziata fatta dalle famiglie scada facendo scendere la percentuale di recupero (ci sono studi green in tal senso). Può essere invece un’idea valida quella degli «eco-compattatori» per contenitori in pet e alluminio che propone il centrodestra (installati recentemente a Flero e Rovato), con il riconoscimento di incentivi premiali per gli utenti.
C’è inoltre da affrontare il grande problema della riduzione dei rifiuti all’origine. Servono indubbiamente normative nazionali ma — come propongono i 5 Stelle — si potrebbe iniziare dall’imporre alle mense scolastiche (ed alle diverse feste ed eventi) stoviglie lavabili o per lo meno compostabili.
Il balzo virtuoso Con il porta a porta Brescia ha raggiunto in due anni gli obiettivi di riciclo stabiliti per legge
Agire sui costi Il Comune potrebbe chiedere sconti ad A2A sugli indifferenziati portati all’inceneritore
Ultimo aspetto, tutt’altro che banale, è la questione costi. Del Bono ricorda che la Tari a Brescia è già tra le più basse d’Italia e promette di ridurla di un altro 10 per cento. Dove trovare i soldi? Vero è che portare 22mila tonnellate in meno l’anno all’inceneritore permette un risparmio di quasi 1,5 milioni. Il Comune però potrebbe contrattare con A2A (di cui detiene il 25% di azioni) prezzi ancora più convenienti per i propri indifferenziati portati al termovalorizzatore (oggi spende all’incirca 64 euro a tonnellata, con uno sconto per il fatto d’ospitare sul suo territorio l’impianto). Ci sono anche le proposte di due candidati dell’estrema destra come Laura Castagna (Brescia Italiana) e Davide De Cesare ( CasaPound): chiedono che il Comune guadagni di più dall’incenerimento dei rifiuti non bresciani. Anche se va ricordato che Fondra nel 2014 aveva spuntato 10,5 euro per ogni tonnellata di speciali o biomasse inceneriti (che valgono 2,5 milioni l’anno). Parlando dell’inceneritore c’è da registrare come tutte le forze politiche vogliano la riduzione di un terzo della sua capacità. Un aspetto che verrà affrontato in una prossima analisi.