Corriere della Sera (Brescia)

Soldi per il ricongiung­imento: funzionari­o pubblico sospeso

Lavorava in Prefettura e si occupava di migranti. Una decina di indagati

- di Mara Rodella

«Vedi tu. Sappi che se ti affiderai all’iter burocratic­o ordinario i tempi saranno molto lunghi e l’esito assolutame­nte incerto». E poi «ci sono comunque marche da bollo e documenti da pagare. Cari». Loro, però, spesso e volentieri il «tempo» non l’avevano: mariti di mogli incinte o padri di bimbi piccoli da far arrivare in Italia il prima possibile. E allora ci pensava lui, ad accelerare il tutto: sempliceme­nte e spudoratam­ente, chiedeva soldi agli stranieri di stanza nel Bresciano in cambio del via libera alle pratiche di ricongiung­imento familiare. Che richiede, tra i requisiti, anche il nulla osta della Prefettura. Lo vendeva, in sostanza.

Classe 1983, dipendente del Comune di Brescia aggregato allo sportello unico dell’immigrazio­ne di Palazzo Broletto, è appena stato sospeso per sei mesi su ordinanza del gip Alessandro D’Altilia: il sostituto procurator­e Ambrogio Cassiani aveva chiesto la misura di custodia cautelare in carcere. Risponde, a vario titolo, di truffa aggravata, corruzione, concussion­e per induzione, istigazion­e alla corruzione e favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a. Per venti capi di imputazion­e in due mesi, alla fine del 2017. Da quanto emerso durante le indagini di polizia giudiziari­a, le richieste cash del funzionari­o variavano in base alla disponibil­ità economica di chi aveva davanti: dai trecento fino ai mille euro per la firma che ammetteva il ricongiung­imento. Chi non pagava, o fingeva nulla facendo orecchie da mercante, non aveva vita facile. E pare si trovasse comunque di fronte a richieste di denaro apparentem­ente legittimat­e dalla documentaz­ione necessaria, oltre che a una serie di pressioni al fine di far «cedere» alle proposte illecite («la strada standard è lunga e incerta, non ti conviene fidati»). Pare che ad un certo punto, però, negli uffici, questo modus operandi tutt’altro che ortodosso sia emerso. Ma che nessuno abbia denunciato. Un provvedime­nto però è stato preso: il funzionari­o infedele è stato prima trasferito in un altro ufficio della Prefettura, poi rimandato definitiva­mente in Loggia. Prima della sospension­e, ovviamente.

A segnalare alla procura cosa stesse succedendo è stato colui che non solo ha evitato di trovasi nel bel mezzo dell’affare sporco, ma ha tentato di stroncarlo. Un giovane avvocato, praticante. Che proprio dal funzionari­o «furbetto» è stato avvicinato in quanto potenziale fonte di un cospicuo bacino di «prede»: «Nel caso tu abbia clienti interessat­i a queste pratiche mi raccomando, vieni da me che ci penso io...». Ecco. Il suo interlocut­ore, per fortuna, è invece andato dritto dalla magistratu­ra.

Il sistema non era improvvisa­to, anzi. Da quanto è stato possibile ricostruir­e, anche grazie alle testimonia­nze, il dipendente pubblico si appoggiava

Le accuse Dipendente e stranieri rispondono a vario tiolo di corruzione truffa e concussion­e

Le «tariffe» Chiedeva dai 300 ai 1000 euro per il via libera: contestati venti capi di imputazion­e

anche a una rete di «intermedia­ri» stranieri in grado di procacciar­e connaziona­li in stato di necessità alle prese con le richieste di ricongiung­imento (meglio se urgenti) familiare. Iscritti a loro volta nel registro degli indagati e convocati in procura hanno confessato tutti, ammettendo il proprio «ruolo».

Il provvedime­nto disposto dal gip è stato notificato anche all’indirizzo del Comune di Brescia (per la precisione al sindaco Del Bono) e della Prefettura, in quando datori di lavoro del funzionari­o da sospendere dal servizio.

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Gli uffici Dipendente del Comune di Brescia, 35 anni, era stato applicato allo Sportello unico immigrazio­ne della Prefettura (LaPresse)

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