Saranno il testimone di una Brescia che non c’è più
Sei giocatrici convocate, nove ex compresa l’allenatrice Milena Bertolini, che sulla panchina delle Leonesse ha vinto sette titoli tra cui due scudetti. Andando sempre all’attacco, come ha fatto con la sua Italia, libera finalmente da ingiustificati complessi di inferiorità. Nella settimana più cupa, con l’epilogo di una favola di sport unica nella nostra città, è l’impresa delle azzurre a certificare Brescia quale capitale del calcio femminile. Rimarrà tale anche senza una squadra in Serie A, stante il fresco passaggio del titolo sportivo al Milan, perché per un anno intero ci sarà una nazionale pronta a ricordare a tutti che il carro dei vincitori è stato trainato in silenzio, per anni, dall’unico club che in Italia ha seminato per l’intero settore senza coltivare solo il proprio orticello. È stata una crescita tecnica, in primis. La formazione ricorda la squadra del «triplete» del 2016, con l’inserimento di Giugliano in cabina di regia che è invece una creazione fresca, made in Piovani (ieri ha vinto la panchina d’oro, non a caso). I due corner da cui sono scaturite le reti apripista per la festa nascono da schemi visti e rivisti al Club Azzurri, la coesione del gruppo si è cementata negli spogliatoi e nei locali della città dove erano riconosciute e festeggiate come e più dei maschi. Non basta a cancellare l’amarezza per un percorso concluso, ma la madre di questa nazionale si chiama Brescia. I suoi cuccioli sono diventati grandi e hanno lasciato casa, chi per scelta e chi per costrizione. Nessuno però dimenticherà dove sono cresciuti.