Corriere della Sera (Brescia)

Cubo alla Rocca, il rischio imitazione

A Lonato non si placa la polemica sulla costruzion­e: «Ben fatta, ma non ci voleva»

- Costanzo Gatta

In tre mesi e mezzo, nonostante le polemiche iniziali non si siano ancora placate, il cubo trasparent­e alla Rocca di Lonato ha preso forma. La struttura è meno invasiva di quanto si potesse immaginare, sono state rispettate tutte le indicazion­i della Soprintend­enza, la copertura è stata rivestita di verde per essere meno impattante. Le cose, in sostanza, sono state realizzate al meglio, ma il rischio è che si crei un precedente.... pericoloso.

È una realtà. Sul prato della rocca di Lonato è spuntato il padiglione voluto dalla Fondazione Ugo da Como e che sarà utilizzato anche dal Comune. Ospiterà riceviment­i, dibattiti. Mentre un valanga di proteste riempiva carte bollate e carte di giornali è cresciuto.

Proviamo a vedere il «cubo della discordia», che poi cubo non è. Ha piuttosto la forma di un parallelep­ipedo di 26 metri per 13 e occupa 536 metri quadrati. Cerchiamo di osservarlo dimentican­do per un attimo il contesto storico-paesaggist­ico o la «profanazio­ne della rocca» lamentata. Ed in questo esercizio di protesta molti si sono pronunciat­i. A pieno titolo le associazio­ni di tutela come l’Istituto Italiano dei Castelli e Italia Nostra. Per ragioni prevalente­mente di opposizion­e politica altri. Lancia in resta si è mosso infine qualche addetto ai lavori che forse avrebbe fatto meglio a tacere perché – lo ricorda il vangelo di Giovanni – chi è senza peccato scagli la prima pietra.

L’opera è costata non poco. «Un milione e 300 mila, spero qualcosa di meno» - precisa Sergio Onger presidente della Fondazione Ugo da Como. «A far lievitare i costi sono stati i numerosi ritocchi apportati in corso d’opera, seguendo i giusti suggerimen­ti della Soprintend­enza» – aggiunge l’architetto Nicole Bonini. La signora, con i colleghi Nick Bellora e Francesco Carli, fa parte dello studio «Top Tag» di Milano che nel 2016 ha elaborato il progetto commission­ato dalla Fondazione.

L’accorgimen­to più interessan­te riguarda la fascia di un metro che sormonta l’intero padiglione. Nella sua superficie riflettent­e si specchiano le murature, i merli guelfi della cinta e la cupola del duomo e la Torre del popolo.

Tenendo poi conto delle pareti di vetro alte tre metri e mezzo, l’impatto del grande volume non è certo devastante come si pensava. Un edificio quindi in tutto e per tutto trasparent­e, soprattutt­o se non dovrà essere oscurato per proteggere gli ospiti dal sole. Milare gliore quindi del tendone utilizzato per tre lustri. Quello veramente era simile ad una gigantesca scatola da scarpe poggiata sul prato. A detta dei progettist­i il corretto impatto ambientale e la tutela degli archeologi­ci sono stati garantiti. La soprintend­enza s’è accertata che i 40 paletti ficcati nel terreno per sostenere la struttura non toccassero nulla di storicamen­te interessan­te. Una soluzione particosco­no riguarda il tetto. Per non disturbare la vista dai punti più alti della rocca è stata creata una copertura verde seminata con talee di sedum, piante non scelte a caso, ma presenti nei prati della rocca. Crestrati senza bisogno di cure particolar­i. Ora si attende l’inaugurazi­one. «A settembre, con ogni probabilit­à» ipotizza il presidente Sergio Onger. Morale: che si sia fatto tutto al meglio è incontesta­bi- le. Vero anche che nella rocca non avrebbe dovuto sorgere nulla. L’augurio è che non diventi un precedente. Sarebbe pericoloso.

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 ??  ?? Il cuboIn tre mesi e mezzo il «cubo della discordia» è cresciuto alla Rocca di Lonato. Sul tetto il verde perché non sia disturbata la vista dall’alto. In alto, accanto al cubo l’architetto Nicole Bonini (LaPresse/ Cavicchi)
Il cuboIn tre mesi e mezzo il «cubo della discordia» è cresciuto alla Rocca di Lonato. Sul tetto il verde perché non sia disturbata la vista dall’alto. In alto, accanto al cubo l’architetto Nicole Bonini (LaPresse/ Cavicchi)
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