Il grande flop dei centri per l’impiego
Tante richieste, ma poche offerte
I centri per l’impiego, che dovrebbero essere modificati poiché strategici per il Governo che vuole introdurre il reddito di cittadinanza, per ora non ottengono grosso successo nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Ai centri per l’impiego gestiti dalla Provincia di Brescia (è in atto un braccio di ferro con la Regione) nel 2017 si sono iscritti più di 40 mila nuovi disoccupati. E l’offerta, cioè i posti disponibili nelle aziende e negli uffici, sono stati meno di 1.500. Praticamente un posto di lavoro per 31 lavoratori. È chiaro che competenze e professionalità sono diverse, ma, riducendo all’estrema sintesi, solo un lavoratore su 31 riesce a trovare un’occupazione.
Capra L’attività dei centri è fondamentale, ma è necessario che l’ufficio abbia un feedback in modo che si possa stabilire la percentuale di successo nella ricerca
Mottinelli
Se il governo vuole investire la strada è quella del reddito di inclusione che sta già dando risultati. Ma servono risorse
Sono più di quarantamila gli operai, gli impiegati e tutte le categorie che ogni anno perdono il lavoro, nel bresciano: per molti la crisi non è ancora finita e la soluzione è rivolgersi ai Centri per l’impiego. Ma se quasi tutti manifestano «un’immediata disponibilità» a rientrare in gioco, è pur vero che ciò che scarseggia sono le offerte di lavoro: 1.447 quelle che le aziende hanno presentato ai Centri per l’impiego nel 2017, a fronte di una «popolazione» di disoccupati che si ingrandisce di anno in anno.
La fotografia dell’Istat, a novembre dell’anno scorso, parlava di 153 mila disoccupati. È chiaro che a ridurre la «fame» di lavoro non sono sufficienti le 1.447 offerte presentate dalle imprese l’anno scorso, oltre alle 1.216 dell’anno precedente. Certo, parliamo solo delle richieste che le aziende hanno avanzato direttamente ai Centri per l’impiego: esistono altri modi con i quali il neo-laureato o diplomato si cerca un posto di lavoro, spesso bussando in prima persona agli uffici delle ditte.
E tuttavia, la discrepanza tra disoccupazione e ricollocazione rimane ampia: i Centri per l’impiego fanno la loro parte, compilando schede e curriculum, predisponendo corsi di formazione, lavorando sui bandi. E segnalando alle ditte – in base alle loro richieste e al «profilo» che cercano – migliaia di persone che in quel «profilo» potrebbero rientrare. Come spiegano dalla Provincia di Brescia, sono 10.745 i disoccupati segnalati dai Centri per l’impiego per un colloquio in un’azienda. E se spesso l’età non aiuta a rientrare nel mercato del lavoro, a volte pesa la mancanza di alcune capacità, come l’inglese o l’uso di alcuni programmi informatici. Ecco perché i Centri per l’impiego organizzano anche attività di orientamento e tirocini formativi: circa un migliaio l’anno. Ma è un’attività sufficiente? Si potrebbe fare di più? «Bisogna tenere conto della crisi» è la premessa di Fabio Capra, consigliere provinciale del Partito democratico e da sempre impegnato su questo fronte. Per lui, l’attività dei Centri per l’impiego è fondamentale perché «favorisce le assunzioni e permette di far incontrare domanda e offerta». E tuttavia, ad oggi non sembra esistere un numero ufficiale di assunzioni o persone comunque contrattualizzate grazie all’intermediazione dei Centri per l’impiego: gli impiegati lo chiedono, ma spesso le aziende che ottengono manodopera non rilasciano «feedback». E così, non si sa quanti effettivamente trovano lavoro. Una questione che certo non aiuta il dibattito aperto dal nuovo governo, soprattutto dai Cinque stelle che vorrebbero trasformare i Centri per l’impiego e farne il cardine per il reddito di cittadinanza. «Se il governo vuole investire – sostiene il presidente della Provincia Pierluigi Mottinelli – la strada è quella del Reddito di Inclusione che sta già dando buone risposte. Ma necessita di risorse economiche adeguate».
In realtà, la scarsità di risorse riguarda anche il personale: negli ultimi dieci anni si è assistito a una riduzione costante del numero di impiegati dei Centri: nel bresciano erano 108 dieci anni fa, se ne contano 86 ad oggi, con un «organico sufficiente» calcolato a quota 104.
Intanto l’estate si apre sotto il segno di una conflittualità tra Provincia e Palazzo Lombardia: «Entro luglio – promette Davide Caparini assessore regionale al Bilancio – la Regione Lombardia delegherà l’esercizio della formazione professionale alle province assegnando le necessarie risorse umane e strumentali» (la discussione in consiglio è attesa per il 26 giugno). In sostanza, la Regione vorrebbe recuperare le deleghe sui Centri per l’impiego (in termini di indirizzo e obiettivi), lasciando però la gestione operativa alle Province.
Un «paradosso», lo definisce Capra, secondo il quale è inutile che la Regione «corra così forte per normare i Centri per l’impiego se poi il governo è pronto a metterci mano» in maniera complessiva. Come dire, tanto vale attendere ed essere prudenti. Anche Mottinelli si augura che i Centri per l’impiego «rimangano in provincia come livello amministrativo». E se la richiesta di «adeguate risorse» è il presupposto per un rilancio di queste strutture intermedie, è pur vero che in più occasioni le aziende bresciane hanno manifestato la difficoltà nel trovare manodopera qualificata in certi settori.