«L’estate degli inganni», il ritorno dell’eroe noir Annibale Canessa Intrigo internazionale
Una poltrona a righe rosse del King Bar, un costosissimo scotch invecchiato di 25 anni bevuto di rigore e una busta marrone, formato A4, sul tavolino: il «Carrarmato» capisce che è tornato il suo momento all’Oriental bar di un hotel di Israele, quando un agente del Mossad calvo e sovrappeso gli lascia i documenti su un caso di qualche anno prima. Gli indizi: una stazione, una città «tutta portici» (cit), un tabagista in giacca di lino con una strana valigia in mano e un’Italia che perde definitivamente l’innocenza in una giornata d’agosto. Ora che si è smarrito tra le gambe di Carla, femme fatale e cronista al Corriere della sera, l’ex generale in pensione Annibale Canessa farebbe anche a meno di tornare a cercare la verità oltre le veline: e invece dovrà indagare in un mistero italiano che diventa intrigo internazionale. Tra omuncoli squallidi, politici corrotti, hacker tatuati, miliardari eccentrici e dirigenti dei servizi ossessionati dalle belle donne, L’estate degli inganni (Rizzoli, pp. 380) è il secondo — superlativo — noir che Roberto Perrone, iconica firma dello sport al Corriere (ne sanno qualcosa gli juventini, che lo venerano anche ora che è in pensione) scrittore e giornalista enogastronomico, dedica ad Annibale «Carrarmato» Canessa. Stasera l’autore presenta il libro davanti a un Brut Franciacorta, in città (Les Copains d’Abord, ora 18.30).
Tra le pagine, Bologna non viene mai citata, ma le indagini di Canessa riguardano la strage del 1980. Eppure nella nota lei precisa che si tratta «solo di riferimenti».
«Nel primo libro (La seconda vita di Annibale Canessa,
ndr.) ho parlato degli anni di piombo che, essendo vecmato chietto, ho vissuto: volevo continuare su questo filone, prendere spunto da una delle tante stragi. Ho scelto quella più clamorosa, cruenta e infame. Ma non la nomino mai: non rileggo la Storia».
Annibale non cerca la giustizia, ma la verità. E finisce con l’indagare su se stesso.
«Per lui, la giustizia è una conseguenza: Annibale è ani- da questo desiderio di sapere e, anche se all’inizio è titubante perché quasi intuisce i risvolti personali di questo caso, decide di andare fino in fondo. E l’indagine diventa una riflessione introspettiva».
C’è qualcosa di lei in quel generale pensionato?
«Io sono molto più pacifico, ma l’indole ligure e la curiosità appartengono a entrambi».
Annibale è un eroe mitologico: dovrebbe farci una serie tv.
«C’è in corso una trattativa rognosissima».
Chi vedrebbe nel ruolo del protagonista?
«Un Favino invecchiato. Ma, come accade sempre per le trasposizioni filmiche o televisive, bisogna vedere quale attore abbia sotto contratto in quel momento il produttore. Enrico Bertolino, invece, avrebbe il phisique du role per la parte del Vampa (il miliardario, ndr): ne stiamo parlando, è un amico».
Lei è uno scrittore metodico alla Roth, che nuotava tutti i giorni prima di aggredire la tastiera?
«Provo invidia e ammirazione per quelli che si alzano alle nove del mattino, fanno colazione con un centrifugato allo zenzero, scrivono, pranzano con insalata di pollo e Diet Coke e tornano a scrivere. Io lo faccio quando capita: negli anni da giornalista militante anche allo stadio, prima delle partite».
Stiamo aspettando la terza indagine di Annibale.
«La sto scrivendo: ci sono sempre riferimenti alla cronaca, a tre carabinieri uccisi, alla strage della Uno bianca e a un segreto che si annida nel passato, fino alla Seconda Guerra Mondiale. Ma anche in questo caso, nessuna rivisitazione politica».
Ispirazione catodica Perrone sta trattando per una serie televisiva ispirata alle indagini di Canessa