Corriere della Sera (Brescia)

Migranti, accoglienz­a a rischio

I tagli proposti da Matteo Salvini preoccupan­o chi offre vitto, alloggio e servizi

- Matteo Trebeschi

Scendere sotto i 35 euro di diaria al giorno per l’assistenza ai profughi non sta né in cielo né in terra. È la convinzion­e di chi, nel Bresciano, gestisce da anni l’accoglienz­a. Le cooperativ­e di Brescia respingono le accuse di lucrare sui profughi e rilanciano il proprio modello di micro accoglienz­a diffusa: «Se si dovesse ridurre la diaria da 35 a 25 euro — come proposto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini — il nostro sistema non reggerebbe». Con questa cifra le cooperativ­e sono in grado di garantire un’accoglienz­a con servizi di qualità, non solo un letto e del cibo, ma anche l’alfabetizz­azione e la formazione lavorativa, per potersi inserire in caso di accoglimen­to della domanda di asilo. C’è chi ne ha approfitta­to, ma le cooperativ­e chiedono di non fare di tutta l’erba un fascio.

Niente business. Le cooperativ­e di Brescia respingono le accuse di lucrare sui profughi e rilanciano il proprio modello di microaccog­lienza diffusa («Funziona e offre servizi di qualità»). Ma la loro è, al tempo stesso, una risposta al ministro degli Interni Matteo Salvini: «Se dovesse ridurre la diaria da 35 a 25 euro, il nostro sistema non reggerebbe».

L’ipotesi, paventata da Salvini al Corriere in un’intervista di un mese fa, immagina di ridurre tramite «un decreto» il «contributo» che le cooperativ­e e i privati ottengono per gestire l’accoglienz­a. Si tratta di 35 euro al giorno, per ogni richiedent­e.

Risorse di cui qualcuno si è approfitta­to, anche in provincia di Brescia. Basti pensare al caso di Angelo Scaroni, imprendito­re accusato di truffa ai danni dello Stato. Lui i servizi non li avrebbe offerti, ma l’invito delle coop bresciane è di non fare di tutta l’erba un fascio. «Noi ci occupiamo di profughi dai tempi dell’emergenza Albania: erano i primi anni Novanta», ricorda Vincenza Bossini della cooperativ­a «Il mosaico». Poco importa quindi che si tratti di tossicodip­endenti, emarginati, disabili, anziani o richiedent­i asilo, «la cooperazio­ne guarda alla persona, indipenden­temente dal problema che l’affligge» ricorda Alberto Festa, presidente di Federsolid­arietà. Al suo fianco, Marco Menni, leader di Confcooper­ative Brescia che invita a non dimenticar­e il «contributo» dato dal Terzo settore di Brescia allo «standard dell’accoglienz­a dei profughi: le nostre cooperativ­e — spiega —offrivano servizi di qualità prima che diventasse­ro obbligator­i». Come infatti è scritto nero su bianco nell’ultimo bando per l’accoglienz­a, emanato dalla prefettura di Brescia. Ed è proprio in virtù della «microaccog­lienza» che un decreto «ta-

Microaccog­lienza Il Terzo settore ricorda che ogni realtà gestisce piccoli gruppi Con progetti mirati servono risorse adatte per alfabetizz­azione e tirocini

Regolari

Nel bresciano vivono 159 mila stranieri con carta di residenza Solo 2.720 i «profughi»

glia-contributi» avrebbe effetti problemati­ci sul sistema bresciano, ricorda Menni. Che invita a superare l’erronea identifica­zione «tra profughi e migranti». Se si guardano i dati, analizzati ieri dal professor Valerio Corradi (Università Cattolica), si scopre come il numero dei richiedent­i asilo presenti oggi nel Bresciano (2.820) sia molto inferiore a quello degli stranieri regolari che risultano residenti nei vari comuni. In provincia, gli stranieri regolari pesano per il 12,6%. Tradotto, si tratta di quasi 159 mila persone, per la maggior parte rumeni, albanesi, marocchini, ma anche indiani, ucraini e senegalesi. «C’è chi è qui da venti o trent’anni», dice Corradi. Tra loro tante badanti, molti gli operai inseriti in aziende manifattur­iere o impiegati in lavori «agricoli» pesanti, scartati dai giovani italiani.

«A dispetto dei dibattiti sull’immigrazio­ne» la conflittua­lità sociale è «bassa», sostiene il docente della Cattolica. Sui banchi di scuola, poi, 17 ragazzi su cento sono di origine straniera. Ma l’integrazio­ne non è un processo fantasma, visto che ogni anno circa 10 mila immigrati ottengono la cittadinan­za italiana in uno dei 205 comuni bresciani.

Di certo il lavoro in questi anni è calato, anche per gli stranieri: tra i permessi di soggiorno, solo il 5% è per «motivi di lavoro», una fetta uguale per «asilo o motivi umanitari». Il rischio quindi è che aumentino gli irregolari: al momento si stima che siano 15 mila, nel bresciano.

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