Corriere della Sera (Brescia)

Respinto il 60% delle richieste

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Nel 2016, quando l’Italia raggiunse l’apice degli sbarchi (181 mila), le commission­i che valutavano le domande di asilo bocciarono quasi il 60% delle richieste avanzate dai profughi. La commission­e di Brescia, invece, superò i sette casi su dieci. E oggi, che i commissari si riuniscono ancora in via Villa Glori, il trend non sembra essere molto cambiato: il numero dei dinieghi si attestereb­be ancora sul 60%. Numeri che vanno ad ampliare la platea dei potenziali clandestin­i, ossia di quei richiedent­i che risultano privi di requisiti per ottenere una forma di protezione internazio­nale. Non c’è infatti solo «l’asilo», titolo assegnato a coloro che scappano da guerre o da persecuzio­ni di tipo politico o etnico: questa casistica, per i dati di Brescia, riguarda una piccola minoranza. Corrispond­e al 5% di coloro che fecero domanda nel corso del 2016. C’è poi la «protezione sussidiari­a», istituto simile che copre chi fugge da violenze, anche gravi (8%). La protezione umanitaria, infine, ha una platea un po’ maggiore, che include persone deboli, minori e donne che vivono situazioni di oggettiva difficoltà. Presuppone sempre dei motivi. E viene assegnata un po’ di più, anche se non in maniera così numerosa. E tuttavia è su questo punto che il ministro degli Interni Matteo Salvini ha di recente posto la sua attenzione: in particolar­e, ha chiesto di controllar­e gli stranieri che vivono in Italia da anni, ma ora sono rimasti senza lavoro. Alcuni di loro, infatti, davanti al rischio concreto di non poter rinnovare il permesso di soggiorno, hanno provato a fare domanda di protezione internazio­nale. Puntando proprio sul titolo «umanitario», con la speranza nel frattempo di trovare un lavoro. In generale, le tante domande bocciate dalla Commission­e svelano che molti migranti hanno intrapreso il viaggio verso l’Italia sperando di trovare un’occupazion­e. Legittimo. Ma passare per «richiedent­i asilo» non è la strada giusta: bisognereb­be forse cambiare la legge e ripristina­re le quote, suggerisce qualcuno dal Terzo settore .E allora è al Parlamento che tocca muoversi. (m.tr.)

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