E il bosco di Serle rivelò un’acustica perfetta per la banda
Domenica di musica nel bosco dell’altopiano di Cariadeghe. Le note della banda di Serle uscivano dal folto. Era come se da una caverna scaturisse la voce di un’orchestra di fiati. La banda di Serle stava suonando fra gli alberi accanto allo spiazzo del Rüch e ad una piccola pozza d’acqua tonda come un cratere. Qui l’appuntamento. Inutile l’indicazione. A tre chilometri di distanza si udivano nel gran silenzio le arie accattivanti del complesso musicale. Arrivavano fin alla casa degli alpini, che ha un cannone per insegna ed un masso gigantesco con la forma di cappello delle penne nere. Mentre il bosco, silenzioso come una sala di registrazione, diffondeva piacevolmente il suon, s’è vista una piccola teoria di persone indirizzarsi verso il bosco. Sembravano topolini dietro al pifferaio di Hamelin. I ritmi contagiavano un po’ tutti. Emanuele Sartorelli, che dirige i 46 elementi del corpo bandistico, non cura solo marce da banda. Gioca sui colori della musica d’oggi: dal Mambo 5 alle colonne dei film. Sembra rendere omaggio ad Elisabeth Alessandra Ragnoli morta a 17 anni, cui Serle ha intitolato la banda nata nel 1881. Torniamo al bosco musicale e alla sua acustica perfetta. Ecco i pellegrini del suono — più giovani, ovvio — ballare per la strada come in discoteca. Fra gli alberi due ore di musica piacevole. «Abbiamo aspettato l’ombra per cominciare», dice il maestro. Poi non si sono risparmiati. Per il comodo del pubblico seggiole di plastica portate dal paese, ma tanti avevano preferito l’erba. Una delizia starsene al fresco del bosco. E vedere le foglie muoversi, di quando in quando, animate dalla brezza. Ed accorgersi che — a guardar bene — cominciano a far capolino i primi ciclamini, farfalle nere amoreggiano fra i petali dei fiori, qua e là il rosmarino selvatico, con il suo profumo, sembra stordire chi solo accarezza una foglia.