Leggi razziali, il grande saccheggio
Dagli archivi riaffiora l’elenco dei quarantasette spogliati di beni mobili e immobili a Brescia
Esiste una copiosa documentazione che riguarda il periodo più buio della nostra storia recente: le leggi razziali. Uno degli strumenti fu l’Egeli (Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare) incaricato della confisca dei beni immobili e mobili appartenenti ad ebrei italiani e ad imprese gestite da ebrei in un susseguirsi di normative che finirono per interessare tutte le proprietà ebraiche italiane e straniere presenti sul suolo italiano.
Si tratta quindi di una documentazione assai estesa che riguarda molte aree del nostro paese conservata di diversi archivi. Per la Lombardia fu incaricata la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde per soddisfare, grazie all’intervento di Mussolini, la proposta del Presidente della Cariplo il senatore Giuseppe de Capitani d’Arzago.
Sicché, grazie alla cortesia ed alla sensibilità della dottoressa Barba Costa, direttrice dell’Archivio Banca Intesa e dei suoi collaboratori, è stato possibile visionare seppure velocemente i 35 fascicoli che riguardano le confische effettuate in Brescia e provincia. I fascicoli riguardano 47 nominativi. In città sono 15: Daniele Arditi e Jercan Rivka, Leo Lowenthal, Ugo De Bendetti e Maria Antonietta Reinach, Giorgio Della Pergola, Giuseppe Dlugacz e Taube Sommer, Giorgina Orefici, Oscar Reich, Carolina Sinigaglia, Umberto Soliani, Pirro Rimini, Fosca Levi ed Antonietta Toyer.
Trentadue i casi che interessarono la provincia.
A Borgo San Giacomo Ascoli Elisa, Emilio Calabi, Livio e Graziano Levi. A Sale Marasino Albertina Azavel; a Gussago Arturo Minzi Levi, Malvina Weinberger e Bellina Clarice Minzi Levi; ad Erbusco Virginia Orvieto; a Calvagese della Riviera Taul Nathan; a Desenzano Guido della Valle; a Gardone Riviera Lina Bamberger; a Salò Massimo Lowy; a San Felice del Benaco Maria Antonietta Reinack e Ugo De Benedetti (presente anche a Brescia); a Remedello Said, Silvia e Piero Lussena; a Calvisano Alberto Israel e Gemma Muggia; a Pralboino e Gambara Rosa e Clelia Artom e Tito Verona; a Ponte di Legno Laura Ottolenghi; a Toscolano Maderno Elena Levi De Veali; in località non determinate Maurizio Benghiat e Gugliemo Levi.
Vi sono poi 8 fascicoli intestati a cittadini considerati nemici perché appartenenti a stati in conflitto con l’Italia.
Gli interventi riguardavano, nella fase iniziale, la confisca di beni relativi alla quota eccedente mentre le normative emanate dalla Rsi nel novembre 1944 prevedevano l’internamento degli ebrei nei campi di concentramento e il sequestro di tutti i beni mobili e immobili. Le fredde annotazioni burocratiche riguardano proprio questo aspetto.
Dei nominativi citati, la famiglia De Benedetti Reinach scomparve ad Auschwitz e la villa di S. Felice del Benaco fu requisita dal ministero degli Affari esteri della Rsi e successivamente data in gestione alla Cariplo il 6 aprile 1945. Stesso destino toccò a Davide Arditi e moglie: i loro effetti personali e stoviglie, conservati in un locale del comune di Gavardo, furono posti in vendita nel 1958.
Diversa la sorte di Massimo Lory: la sua villa a Barbarano di Salò detta “Faustina”, venne affittata, a prezzo di favore, come sede dell’ambasciata tedesca e non si conosce la destinazione successiva.
La documentazione offre anche un quadro più articolato di questa vicenda. In 12 casi i beni vennero restituiti; in tre casi non si procedette alla confisca per effetto della Liberazione intervenuta il 25 aprile 1945. Né mancano esempi che pur nella tragedia fanno sorridere. È il caso di Oscar Reich: il sequestro dei suoi beni personali presenti nell’appartamento cittadino in piazza Martiri di Belfiore 4 comprendeva anche un pianoforte danneggiato durante l’incursione aerea del 13 luglio 1944.
Lo strumento fu portato nella sede della Prefettura a palazzo Broletto e collocato nell’appartamento del Capo della Provincia Salvatore Lepore. Cosa se ne facesse non si sa. Poi tutto fu restituito, compreso, pare, il pianoforte.
Le ville prendono strade diverse. Quella di Lina Bemberger a Gardone Riviere in via Roma 101-103, detta “Paolina”, e adibita ad albergo, fu requisita il 24 settembre 1943 dal comando dell’esercito tedesco ed adibito ad ospedale militare per i soldati italiani della Rsi ed in seguito occupata dalle truppe americane e inglesi dall’aprile al settembre 1945. Di quella di Lina Ottolenghi a Ponte di Legno, in via della Torre 5, col relativo mobilio, le tracce sono disperse.
A buon fine l’avventura del medico Arturo Levi Minzi di Gussago con villa in via Marconi 65 e dipendenze varie. Sospeso dalla sua professione per le leggi razziali, per evitare la deportazione si nascose e con l’aiuto di conoscenti riuscì a mettere in salvo mobili preziosi e libri. Il 15 luglio 1945 riebbe i suoi beni e potè far uscire dai nascondigli tutto il resto.
Proprio i libri rappresentano un capitolo aggiuntivo ancorché non studiato perché in tutta Europa il Reich pianificò nel corso del conflitto una sistematica razzia di libri e manoscritti ebraici conservati nella biblioteche pubbliche e private di tutta Europa. Libri a tutt’oggi in buona parte conservati a Berlino. E mai restituiti.
Le carte I documenti dell’Ente gestione e liquidazione immobiliare sono finiti alla Cariplo e oggi all’archivio di Banca Intesa