Industria 4.0 e posti di lavoro Gli artigiani fiduciosi: «Ci salverà la formazione»
Qualcuno ci ha provato a dire che l’eccessiva presenza della tecnologia nelle fabbriche avrebbe potuto creare effetti indesiderati come uno scompenso nei livelli occupazionali. Dichiarazioni tacciate di infondatezza teorica e di inconsistenza empirica. Eppure la Confartigianato ha voluto andare a verificare con una ricerca la consistenza di un «rischio automazione» nelle imprese italiane e il relativo «sistema immunitario» che i territori possono mettere in campo. Ed ecco che Brescia si scopre ad alto rischio e con «una media capacità di reazione positiva, grazie ad una buona dose di anticorpi». «La combinazione di intelligenza artificiale, macchine learnig e degli algoritmi applicati alla grande mole di informazioni generate dalla Rete, ai macchinari dotati di sensori sempre più sofisticati — ha commentato Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia —, mette in discussione il futuro del lavoro ed è necessario fare attenzione. La principale leva per far sì che l’impresa 4.0 crei e non tolga lavoro è la formazione. Senza dimenticare l’importanza innovativa delle start up altamente innovative, dei brevetti e delle reti d’impresa». Come dire che la tecnologia è un’opportunità ma per farla fruttare occorre saperla governare. Per entrare nel merito dei numeri dello studio, Brescia risulta l’undicesima provincia per quota di occupati in imprese artigiane in settori a rischio automazione con una percentuale superiore al 40 per cento. Tradotto: si sta parlando di 8.555 imprese artigiane, il 28,8% del totale, e di 34.304 addetti ad alto rischio impiegati in aziende artigiane bresciane. Una spiegazione emerge dalla ricerca: se forte è a Brescia il rischio automazione per l’alta concentrazione di imprese e occupati nel manifatturiero, dall’altra parte si connota come forte il sistema immunitario del territorio. Laureati, propensione a fare rete, dipendenti formati e aggiornati, brevetti e capacità di esportare sono variabili importanti capaci di dare quel segno distintivo tra uomo e macchina. E «proprio facendo leva su queste variabili —ha concluso Massetti — possiamo fare la differenza». (r.g.)