Rolfi: cibi locali negli ospedali, sano sovranismo
Rolfi: ora più peso ai prodotti locali
Mangiar meglio aiuta a prevenire molte malattie ed a diminuire la spesa sanitaria. Per questo la cultura alimentare deve partire sui banchi di scuola. E va incentivata la filiera corta ed i cibi locali. Ne è convinto l’assessore regionale all’Agricoltura e all’Alimentazione Fabio Rolfi, che a partire dai nostri ospedali, nel rispetto di gare ed appalti, pensa ad «un sano sovranismo, dando priorità ai nostri prodotti».
Assessore Fabio Rolfi, da poco il Friuli Venezia Giulia vi ha copiato. La Lombardia è stata la prima regione ad aver creato un assessorato all’Agricoltura, Sistemi Verdi e Alimentazione. L’ultimo elemento rappresenta una novità assoluta in Italia. Come e perché avete fatto questa scelta?
«Semplice: nasce dalla volontà di valorizzare la materia prima in ogni ambito. Quindi avere raggruppato le istanze di chi produce e i bisogni di chi consuma è sicuramente una buona idea che verrà seguita da altre Regioni, ne sono convinto. In definitiva, alimentazione vuol dire fare cultura alimentare e noi lavoreremo per aumentarla».
C’è da fare ancora tanto? «Mangiare è un atto agricolo, indubbiamente. Se un singolo mangia male non cambia nulla, in bene o in male. Ma se dieci milioni di abitanti si alimentano in modo corretto è un progresso importante. Noi dobbiamo governare al meglio questo sistema, partendo dalle scuole: una buona educazione alimentare è fondamentale, infatti faremo interventi importanti in questo senso già in autunno. E stiamo studiando una consulta alimentare».
Sul tema esiste un dibattito aperto: insegnare a mangiare per qualcuno ha un senso privativo, quasi venisse limitata la libertà a tavola.
«La mia opinione è che bisogna insegnare a mangiare meglio senza togliere la possibilità di fare di testa propria. Ma le istituzioni hanno il compito di informare le persone per una scelta consapevole, anche perché una corretta alimentazione limita le malattie croniche e quindi influisce meno sulla sanità pubblica. Ho poi una convinzione personale: in questa campagna di informazione dobbiamo fare un sano sovranismo, dando priorità ai nostri prodotti, sia chiaro nel rispetto delle normative e delle gare di appalto. Ma sul tema intendo ragionare in modo serrato pensando per esempio alla spesa per i nostri ospedali».
Ora in cantina, ora in campagna, ora in un caseificio. La si vede tantissimo sui social in giro per la Lombardia. Dovere istituzionale o anche passione?
«Da un lato c’è il giusto impegno per il ruolo che occupo, dall’altro è piacevole il contatto con un mondo straordinario come quello agroalimentare, fatto di persone uniche e di grandi storie. Gente semplice, di popolo, ma quanto di più lontano dall’immagine di stivali e vanga che molti ancora pensano dell’agricoltore. Invece è sempre più proiettato sulla modernità, sui mercati internazionali. Lo dico da bresciano: non siamo più solo tondino e ciminiere, ma tante cose importanti: la Lombardia è la prima regione agricola d’Italia».
Bilancio dei primi tre mesi da assessore.
«Ho colto il bisogno da parte dei produttori di avere risposte concrete e meno parole. C’è una gran voglia di fare perché si è consci di potenzialità inespresse, considerando la qualità dei nostri prodotti. In definitiva, alla Regione si chiede di accompagnare le aziende quando escono dai confini e di aiutarle nella conquista dei mercati. La Lombardia lo fa già e lo farà sempre di più. Certo, quando si ha a che fare con scelte come quella delle sanzioni alla Russia, il compito diventa ancora più difficile. È un mercato che per noi era in crescita notevole».
Parliamo di vino: tutto bene ci sembra.
«In effetti, a parte alcune problematiche legate all’Oltrepò dove stiamo creando dei tavoli di confronto, non possiamo proprio lamentarci. Vedo un sacco di cantine guidate dai giovani e dalle donne, a conferma che abbiamo un futuro sereno. Cerchiamo di sfruttare la crescita dell’enoturismo e siamo vicini a chi prosegue sulla strada del biologico, sempre più richiesto all’estero, In questo senso, tanto di cappello alla Franciacorta che è partita prima degli altri e sta avendo i risultati che si merita. Poi, metteremo mano all’Enoteca Regionale nel centro di Milano che merita più attenzione rispetto agli ultimi anni».
Un occhio al suo territorio?
«Direi che la vera problematica è quella legata al settore caseario, fuori dal circuito Dop. Con situazioni differenti tra le valli e la Bassa, il prezzo del latte resta scarsissimo, a livello di quello rumeno che però ha costi di produzione diversi. Resto del parere che le associazioni dei produttori devono rappresentare maggiormente le aziende in modo che insieme alla Regione si possano fare interventi collettivi e non su questo o quel caso».
Ha fatto molto piacere ai ristoratori vederla alla presentazione della Guida di Milano del Gambero Rosso, ospitata da Carlo Cracco. Mai successo che un rappresentante della Regione portasse un saluto.
«È un mondo importante quello della ristorazione. Sono molto interessato a costruire una vera alleanza tra i locali, che in Lombardia hanno cuochi e patron bravissimi, e l’agricoltura. Stiamo pensando a progetti specifici con un obiettivo chiaro: trovare nei menu piatti realizzati con tanti prodotti della nostra regione. Abbiamo salumi, formaggi, olio extravergine, il pesce di lago, frutti e verdure. Tanta qualità, insomma. Per non parlare del vino: ecco quando vedrò che la prima pagina di una carta importante è riservata alla Lombardia, avremo raggiunto un bel risultato. Io ci credo».
Fuori dal circuito Dop, il settore caseario sconta un prezzo del latte troppo basso, a livello di quello rumeno che però ha costi di produzione diversi