Referendum sull’acqua pubblica se vincerà il sì, «equilibri» intatti
A2A continuerà a gestire i suoi paesi fino alla scadenza naturale dell’affidamento
A prescindere dall’esito del referendum e dalla futura composizione societaria di Acque bresciane, il gestore del ciclo idrico dovrà far fronte a cospicui investimenti: in provincia l’Authority ha calcolato che per fognature, nuovi depuratori e migliorie della rete serviranno 1,4 miliardi, da qui ai prossimi trent’anni. Si parte infatti da 205 comuni dove 28 sono senza depuratore – si pensi alla Val Trompia o ad alcune zone della Bassa –, in altri 42 comuni la depurazione è parziale e in altri 19 Arpa ha trovato «non conformità negli impianti».
La lente della Commissione europea ha messo in infrazione 64 municipalità: senza lavori, si rischiano multe per 360 milioni. Ecco perché a breve partiranno molti lavori, tra cui il depuratore di Concesio e quello di Calvisano. In questo caso si tratta di investimenti di A2A, che ha in gestione 78 comuni, ma poi ci sono i lavori già realizzati e quelli progettati da Acque bresciane, il gestore unico dove sono entrati 90 comuni (Garda Uno e Aob2). Senza contare i tanti paesi della Valcamonica dove la gestione è rimasta comunale. Se dal referendum dovesse emergere la richiesta netta di una gestione 100% pubblica, è probabile che la gara – pensata per far entrare in Acque Bresciane il socio privato per il 40% - verrebbe congelata. È l’ipotesi più probabile. Cosa cambierebbe, quindi? Senza gara, si immagina che A2A continuerebbe a servire i propri comuni. I quali entrerebbero nel gestore unico (Acque bresciane) alla scadenza delle concessioni. Concessioni che da qui al 2023 andranno a conclusione in 21 diversi comuni, tra cui Castenedolo, Concesio, Gussago e Sarezzo. Ma a questa data alcuni investimenti potrebbero non essersi conclusi, perciò il subentro potrebbe essere oneroso. Pubblico o privato, si prevede un aumento progressivo delle tariffe per coprire gli investimenti.