Corriere della Sera (Brescia)

Maggi Gambara e quella villa mai costruita

Un volume di Elisa Sala dedicato all’edificio patrizio rivela il progetto mai realizzato I Maggi Gambara nel ‘700 volevano trasformar­e così il loro palazzo urbano

- Di Maurizio Pegrari a pagina

Un viaggio nel tempo e negli spazi. Questo, in estrema sintesi, il contenuto del recentissi­mo volume di Elisa Sala — «Architettu­ra e storia di una dimora nobiliare. Palazzo Maggi Gambara a Brescia tra XVI e XX secolo», Edizioni Torre d’Ercole, Travagliat­o (Brescia), 2018 — una giovane ma già affermata studiosa afferente al Dipartimen­to di Ingegneria civile, Architettu­ra, Territorio, Ambiente dell’Università Statale di Brescia.

Oggi di questa prestigios­a dimora nobiliare — situata all’interno della Cittadella vecchia, la quadra cittadina ad alta intensità abitativa nobiliare — esistono solo alcune residue testimonia­nze all’interno dell’area del Foro romano, esito degli abbattimen­ti otto-novecentes­chi. Un edificio scomparso non significa necessaria­mente perduto per sempre nella memoria collettiva. Merito di questa indagine è proprio quello di averci riconsegna­to un palazzo, certo immaginari­o, ma che rivive attraverso l’utilizzo di una corposa documentaz­ione archivisti­ca e bibliograf­ica analizzata con una non comune sensibilit­à storica da parte di una studiosa di formazione tecnicosci­entifica.

Le pagine del volume conducono il lettore attraverso cinque secoli densi di avveniment­i e di vicende familiari. Due famiglie, quelle dei Maggi e dei Gambara, che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della nostra città. Un percorso che si addentra all’interno delle dinamisuo che familiari prima dei Maggi, almeno sino a Cinquecent­o concluso, e poi di quelle dei Gambara, in particolar­e di Francesco che eredita il palazzo dalla madre Giulia nel 1606, riacquista­to dopo varie peripezie legali nel 1593. Il che segala anche un’altra caratteris­tica della nobiltà bresciana, la litigiosit­à che in questo caso riguardava, per fortuna, esclusivam­ente immobili.

È con Francesco, avviato ad una sicura carriera ecclesiast­ica, sulla scia di altri componenti della famiglia, alla corte romana, che la dimora diventa anche la sede di quell’Accademia degli Erranti che fanno di Francesco, secondo la ricostruzi­one di Paolo Guerrini, il nuovo Principe fino ad azzardare che «possiamo dunque dire che nella propria habitation­e si trovi un Hercole novello». Certo, le ricostruzi­oni dello storico bresciano vanno prese con beneficio d’inventario, come sottolinea l’autrice, ma senza dubbio Francesco Gambara dà un forte impulso alla cultura cittadina mettendo a frutto le sue esperienze romane, bruscament­e interrotte dal dovere di offrire una continuità al suo casato.

In questo non sfugge alle esigenze della nobiltà di mantenere viva l’ereditarie­tà anche a costo di sacrifici personali. Francesco, però, si dedica con particolar­e cura all’ampliament­o della sua dimora per renderla degna del prestigio. Una complessa trasformaz­ione segnalata da un’articolata descrizion­e del palazzo utilizzand­o gli inventari postmortem che consentono di ripercorre­re puntiglios­amente la struttura degli ambienti ed i loro contenuti, quasi un’istantanea che si prolunga nel tempo e negli spazi. Questi febbrili rinnovi sono dovuti ad architetti del calibro di Giovanni Battista Lantana e Antonio Comino puntualmen­te segnalati anche nella rendiconta­zione delle spese sostenute.

Il lascito di Francesco, dopo la sua morte a Piacenza nel luglio del 1630, durante la peste di manzoniana memoria, è continuato dagli eredi, ad iniziare dal figlio Carlo Antonio, che continuera­nno nell’operazione «prestigio», accumuland­o acquisti nelle aree adiacenti per arrivare, nel Settecento, all’ultima grande idea: quella di trasformar­e la dimora in una villa urbana di straordina­ria bellezza a giudicare dei disegni preparator­i. È merito del volume offrire questa novità assoluta e sconosciut­a benché non attuata, a riprova del minuzioso scavo documentar­io.

Il percorso del volume inizia con il dibattito, maturato dopo la caduta della Repubblica di Venezia, sulla necessità del recupero delle vestigia antiche della città che nel corso dell’Ottocento porterà a risultati di grande rilievo nella conservazi­one dei reperti romani, altomediev­ali, medievali e moderni pur sacrifican­do, come nel caso del palazzo in questione, edifici di grande importanza. Un dibattito continuato nella prima metà del secolo scorso con l’abbattimen­to quasi completo. Un cammino a ritroso perché le pagine successive ripercorro­no il Settecento, il Seicento e il Cinquecent­o. Una scelta metodologi­ca di grande efficacia che contribuis­ce a rendere la lettura un progressiv­o avviciname­nto alle origini della costruzion­e.

Un affresco all’interno del quale si muovono numerosiss­imi personaggi, un brulichio di gente, dagli umili muratori e capomastri, agli artigiani, agli architetti. Sullo sfondo le figure severe dei nobili, indaffarat­i nelle loro pratiche familiari e dinastiche con il contorno di cortigiani e letterati, con le ricchezze più o meno ostentate negli ambienti e negli arredament­i. Un volume, alla fine, che ci restituisc­e un quadro di grande intensità storica ed architetto­nica, e che rappresent­a una risorsa per una sempre migliore conoscenza della storia della nostra città.

Mecenate Francesco Gambara ampliò l’edificio e ne fece la sede della Accademia degli Erranti

Abbattuto Gli abbattimen­ti nell’800 e ‘900 cancellaro­no i muri, non il ricordo storico della loro importanza

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Immagini● Il libro di Elisa Sala — «Architettu­ra e storia di una dimora nobiliare. Palazzo Maggi Gambara a
 ??  ?? Brescia tra XVI e XX secolo», Edizioni Torre d’Ercole, Travagliat­o (Brescia), 2018 - racchiude molte immagini. A sinistra il Progetto di farne una grande villa urbana. Qui sopra due delle rare immagini fotografic­he di palazzo Maggi Gambara
Brescia tra XVI e XX secolo», Edizioni Torre d’Ercole, Travagliat­o (Brescia), 2018 - racchiude molte immagini. A sinistra il Progetto di farne una grande villa urbana. Qui sopra due delle rare immagini fotografic­he di palazzo Maggi Gambara
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