Corriere della Sera (Brescia)

«Il nostro mondo da dietro una grata»

Le suore Visitandin­e si raccontano nella clausura del convento di via Costalunga

- Di Michele Barbaro

«Preghiamo per tutti e qualcuno torna per ringraziar­ci». Le suore Visitandin­e del monastero di Costalunga si raccontano al Corriere, raccontano la loro giornata di lavoro, preghiera e silenzio e spiegano come vedono il mondo da dietro una grata. Sono in 17 nel convento aperto anche all’obiettivo del fotografo e riflettono sulla modernità. Loro che come unico svago hanno un po’ di musica classica.

«Siamo un acquedotto sotterrane­o, che invisibile porta acqua agli assetati». A parlare, dietro una grata in ferro battuto, sono le suore di clausura dell’Ordine della Visitazion­e. Il loro monastero è sulle colline di Brescia, nascosto tra i frassini di Costalunga, a due minuti dagli Spedali Civili. Dalle finestre le suore scorgono le luci del Castello e i fari delle auto in coda, eppure qui il traffico del mondo sembra placarsi. In via del tutto eccezional­e hanno deciso di raccontars­i, di aprire le porte del loro monastero, così lontano eppure così vicino alle anime della città che le ospita. «Dio sia benedetto» - risponde una voce spigliata al citofono. Pochi istanti ed il portone in legno massiccio si apre. Dietro la porta non c’è nessuno, un corridoio vuoto accoglie il visitatore, ed una voce di donna, nascosta da un paravento di legno invita a farsi avanti: «Accomodate­vi nel parlatorio».

Il parlatorio è una stanza piccola, spoglia, arredata solo di qualche sedia e dei libri di San Francesco di Sales, fondatore dell’Ordine. A colpire però è la grata in ferro battuto che divide lo spazio in due. Quello è il confine fra il mondo esterno e la vita di clausura. Dall’altra parte della grata ci sono 17 sedie, però al momento non si è vista ancora nessuna delle monache. Il silenzio continua ad essere padrone di casa, almeno fino a quando l’uscio, dall’altra parte del parlatoio cigola timidament­e. La prima a farsi avanti è la priora, donna dal viso solare, un sorriso raggiante e lo sguardo curioso. Dopo di lei, lentamente il parlatoio comincia a popolarsi di vesti nere e crocifissi. In tutto sono 14. «Due di noi - dice la suora che è stata eletta dalle sue consorelle - sono indisposte. Mentre la più anziana, che ha 95 anni, ha preferito restare in chiesa a pregare». Eccole qui, dunque. Le ultime monache di clausura. Donne che han donato la vita al Dio della preghiera. I volti son sereni, gli sguardi attenti e i sorrisi illuminano le vesti nere. «Dio sia benedetto» dicono in coro «Questo è il nostro saluto» chiosa una delle suore.

Parlano con disarmante umanità della loro scelta e della loro vita. «Per anni ho cercato di oppormi a questa scelta - rivela una delle visitandin­e - sognavo anche io come tutti una vita normale, ma la voce di Dio non ha mai smesso di parlarmi. Alla fine la sua chiamata è stata inevitabil­e»”. Chiamata. Su questa parola concordano tutte. Nonostante i percorsi differenti che le hanno condotte fin qua la voce che si leva unanime è chiara: «Dio ci ha chiamato, noi abbiamo risposto». Alla domanda “perché?” ognuna risponde a modo suo. Ed è la priora a indicare il filo rosso che le accomuna: «Ognuna di noi tesse un dialogo unico con Dio, ma ciò che ci unisce è la preghiera». Per le donne che abitano questo monastero preghiera vuole dire intercessi­one, mediazione fra le anime che stanno dall’altra parte della grata e Dio. «Noi coltiviamo il rapporto con il Signore per tutti». Un esercizio rigoroso, da riscoprire ogni giorno, per sempre.

È proprio la dimensione temporale a impression­are di più. Una vita intera in clausura. Eppure la risposta delle suore è disarmante: «È essenziale che si comprenda la grande libertà che viviamo. Ciò che in prima istanza ci muove è una tensione d’amore verso Dio. Questa è la spinta fondamenta­le che ci ha portate fin qui, e che ogni istante ci permette di supera- re noi stesse». Le suore con uguale sincerità non nascondono la difficoltà della loro missione. «C’è anche chi ha capito che questa non era la sua strada, ed ha abbandonat­o la clausura». Eppure nel silenzio, che qui si fa regola, ogni giorno ritrovano il senso della loro scelta. Ed è proprio nel loro vivere quotidiano che si nasconde il segreto della loro forza. Una vita fatta di rigore, preghiera e disciplina.

Ma come si svolge una giornata all’interno del monastero? La sveglia è alle 5.30. Si prega fino alle 8. La colazione frugale, poi un’altra preghiera comune. Dopo comincia il lavoro, in silenzio, fino a mezzogiorn­o. A pranzo una a turno, prima legge il giornale per tutte (l’Osservator­e Romano). «Da qualche tempo - aggiungono divertite le suore - abbiamo deciso di ascoltare anche un pò di musica classica. È bellissimo». Dopo una mezzoretta di pausa, si ritorna a pregare prima di rimettersi a svolgere i lavori nel monastero. C’è chi cucina, chi lavora nel laboratori­o di sartoria, chi pulisce. Il silenzio, necessario per il dialogo con Dio, è interrotto solo dalla cena, e dalla fraternità che segue. Poi, quando ormai sono le 21 un’ultima preghiera comune, prima di tornare nella propria cella. Alle 22, le luci si spengono. Così ogni giorno, per sempre.

A interrompe­re la consuetudi­ne della clausura, ci sono le visite. Al monastero oltre ai parenti delle suore (incontri una volta al mese), arriva anche gente comune, non necessaria­mente fedeli. Il mondo, queste donne, lo guardano attraverso gli occhi di chi viene a trovarle.

Eppure il loro giudizio sul presente è preciso: «Il mondo è cambiato. Negli occhi di chi passa di qua vediamo più dolore e sentiamo che c’è sempre meno serenità, meno spirituali­tà d’un tempo. Ci chiedono di pregare per loro. Spesso le persone tornano per ringraziar­ci, perché qualcosa nelle loro vite è migliorato». L’incontro si chiude con una confidenza: «Eravamo indecise se accettare questo invito a raccontarc­i. Però crediamo e confidiamo nella provvidenz­a e niente accade per caso. Inoltre, il fondatore del nostro ordine, San Francesco di Sales, è anche il protettore dei giornalist­i. Vorrà pur dire qualcosa». Le porte si chiudono: fuori le luci della città, le vite frettolose di tanti. Ma dentro, in una cella, c’è chi prega per tutti.

 ??  ?? ReportageG­li scatti del fotografo Damiano Rossi raccontano la vita nel convento delle Visitandin­e di via Costalunga Qui a fianco: il parlatoio e le suore che hanno accettato di dialogare con il cronista
ReportageG­li scatti del fotografo Damiano Rossi raccontano la vita nel convento delle Visitandin­e di via Costalunga Qui a fianco: il parlatoio e le suore che hanno accettato di dialogare con il cronista
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 ??  ?? Il viaggioLa vita nel monastero delle Visitandin­e di via Costalunga. Le suore si raccontano da dietro una grata. Una vita fatta di meditazion­e, lavori manuali come il cucito, tanta preghiera e momenti di socialità nel refettorio scanditi dalla lettura del giornale e dalla musica
Il viaggioLa vita nel monastero delle Visitandin­e di via Costalunga. Le suore si raccontano da dietro una grata. Una vita fatta di meditazion­e, lavori manuali come il cucito, tanta preghiera e momenti di socialità nel refettorio scanditi dalla lettura del giornale e dalla musica

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