Corriere della Sera (Brescia)

Il modello Napoli esportato a Parigi Lucarelli: tornare al pubblico si può

- Di Matteo Trebeschi

"Il pubblico fa l’interesse generale, lavora bene o male, ma è sempre a favore di tutti

Nel bresciano si discute di una gestione 100% pubblica del ciclo idrico, ma in questa provincia circa il 40% dei Comuni è amministra­to da una società quotata che è A2A. I comitati per il «sì» al referendum vorrebbero che la gestione idrica tornasse tutta nelle mani del pubblico. Ma è possibile? L’abbiamo chiesto al professor Alberto Lucarelli, docente di Diritto Costituzio­nale all’Università Federico II di Napoli, che alcuni anni fa lavorò come consulente per il Comune di Parigi.

Lei ha collaborat­o con i francesi per rendere di nuovo pubblica la gestione. Come funzionò?

«A Parigi era arrivata Veolia, la cui gestione aveva determinat­o un forte incremento delle tariffe a carico dei cittadini. Perciò ci fu una forte mobilitazi­one. All’epoca io ero assessore all’Acqua nella città di Napoli, durante il primo mandato del sindaco De Magistris. Con Parigi abbiamo collaborat­o. E il modello di “Acqua Bene Comune” inventato a Napoli è stato poi adottato nella capitale francese, pur con le dovute differenze».

Venne di fatto liquidata la concession­e a Veolia?

«Si trattò di un atto espropriat­ivo. Veolia venne liquidata, ma si trovò un accordo. E così Parigi tornò alla gestione pubblica. A Napoli fu un po’ più semplice perché la proprietà era pubblica, ancorché gestita con una società di diritto privato che era l’Aren. La quale aveva creato a valle delle società, che non dovevano mai passare attraverso il Consiglio comunale che era il vero proprietar­io. Abbiamo liquidanto le società private. E creando la prima Azienda speciale di diritto pubblico in Italia che si chiama “Acqua Bene Comune”».

Quindi tornare alla gestione 100% pubblica è possibile?

«Quest’anno una sentenza del Consiglio di Stato mi ha dato ragione, dimostrand­o che la trasformaz­ione di una Spa in azienda speciale è possibile”».

La gestione pubblica non è però sempre sinonimo di efficienza: perché i bresciani dovrebbero optare per questa scelta?

«Il pubblico fa gli interessi generali. A volte lavora bene, qualche volta sbaglia, ma fa sempre l’interesse di tutti. I soggetti privati – non perché sono cattivi, ma per statuto giudicio – non devono fare gli interessi pubblici, ma della proprietà. Che persegue l’ottimizzaz­ione del profitto».

Tornare all’acqua pubblica però costa, se c’è un privato in campo. È fattibile?

«E’ chiaro che serve un piano economico serio. Se il governo impone che le società miste debbano vendere e il privato debba mettere sul mercato le proprie quote, l’esecutivo deve anche prevedere una base economica adeguata. Ma questa sostenibil­ità è prevista dal progetto di legge “Daga” (parlamenta­re M5S, ndr) che oggi è in discussion­e in commission­e Ambiente alla Camera. È dal 2011 che i cittadini hanno scelto la gestione 100% pubblica. E ancora non abbiamo una legge». Da dove prenderann­o le risorse?

«Dalla fiscalità generale, con l’aiuto di Cassa depositi e prestito per esempio. Tenga conto però che, entro il 2020, lo Stato deve approvare una legge di attuazione della Bolkenstei­n, che dovrebbe rivedere il regime di tutte le concession­i e dei canoni irrisori finora pagati».

Ma potrà essere retroattiv­a la legge sul ritorno all’acqua 100% pubblica?

«Certo, è una decisione politica. Poi è chiaro che potrebbero esserci delle cause. Ma non ci possiamo permettere di regalare le nostre risorse».

"I soggetti privati fanno gli interessi della proprietà, l’ottimizzaz­ione del profitto

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