«Una brutta statua meglio che resti dove si trova ora»
«Una discussione interminabile: io, il giorno in cui il Bigio viene portato fuori dal magazzino, troverei il modo di farlo rotolare giù per terra dal camion. Così non se ne parla più e si finisce di litigare per una brutta statua». Paolo Petrò, classe 1948, artista bresciano laureato a Brera per quindici anni nel consiglio direttivo dell’AAB, l’ipotesi del camion che si rovescia la mette lì un po’ per scherzo e un po’ come provocazione, ma in fin dei conti forse spera davvero che il Bigio possa finire in mille pezzi. «Guardi, la questione è semplice: la statua è stata abbattuta perché era un simbolo del fascismo. Punto, la discussione è finita e non va rimessa in piazza. L’arengario, che è simbolo fascista ancora più forte, non è stato buttato giù, c’è ancora, ed è giusto che oggi resti dov’è. Abbiamo mille altri temi su cui ragionare e discutere, anche restando sul piano delle politiche culturali, che non il Bigio. Questa è una questione politica e come tale va trattata». Ecco parliamo, d’arte: la statua in un museo? «A me sembra sciocco anche metterla in un altro posto, non stiamo parlando di un Michelangelo. Dazzi, a dirla tutta, non era un cattivo scultore, ma quella statua lì è veramente orribile. Mio nonno, monarchico, mi diceva delle cose orribili su quella statua». Così orribili, da non volerle ripetere nemmeno in
La discussione avrebbe dovuto finire subito quando l’opera è stata messa in un magazzino
un’intervista: «Quella statua è sempre stata presa in giro, non è mai stata apprezzata dal popolo. Tirar fuori continuamente la polemica è solo una strumentalizzazione politica. A volte mi sono sentito dire che anche i tombini hanno il fascio littorio e nessuno li sostituisce, ma non c’entra nulla tutto questo, è un’altra cosa: i tombini sono rimasti dopo la guerra e restano lì. Se fossero stati tolti a nessuno, spero, verrebbe in mente di andare a riprenderli nei magazzini comunali dove sono stati dimenticati». Perché, proprio così, per Petrò la discussione alla fine non ha molto senso sul piano artistico. L’opera per lui è brutta e tanto gli basta per dire che è meglio se ne stia dov’è, in magazzino, senza tante questioni se trasferirla in un museo o meno («non ha senso spostarla da un’altra parte», ripete). O, peggio, riportandola in piazza. E del «Bigio nero» del Paladino che pensa? «Se devo essere sincero non mi piace molto nemmeno quello». Questo è però un altro discorso: sul Bigio bianco il giudizio è tranciante.
A dire il vero neanche il monolite nero di Mimmo Paladino mi piace tanto ma questo è un altro discorso