Corriere della Sera (Brescia)

«Il suo posto è dove è già stato Il museo è un ripiego»

- T. B.

«La musealizza­zione? Un ripiego, un pannicello caldo che non risolve il problema, nulla più: il posto del Bigio è in piazza della Vittoria, non altrove». Franco Robecchi, storico locale, al Bigio ha dedicato pure un libro, «Brescia e il colosso di Arturo Dazzi», uscito per i tipi della Compagnia della Stampa, nel quale ricostruis­ce storia, polemiche, dettagli, aneddoti e segreti sul Bigio. «Che il posto sia in piazza non lo dico solo io, lo fa anche il sovrintend­ente, mica l’ultimo arrivato.

Poi sì, se mi dice che o lo si mette in un museo o se ne resta in un deposito, dico che è meglio finisca almeno in un museo. Ma è un’ipotesi che non mi piace». A chi osserva che il Bigio, però, non è solo una statua, ma è il simbolo dell’Era fascista, così come è stato anche chiamato, replica: «Guardi, premesso che buttare giù le statue non è mai una bella cosa, premesso che anche in Russia mi risulta che qualche statua di Lenin e Stalin siano rimaste al loro posto e non si stia discutendo se toglierle, anche all’Eur c’è il super obelisco e, a parte la Boldrini, nessuno si è mai messo in tesa di tirarlo giù». Affina la posizione: «La statua non ha evidenze esplicite al fascismo: alla fine, se lo si osserva, è un ragazzone nudo. Non è che ha inciso il fascio littorio o è raffigurat­o mentre sta strangolan­do dei comunisti. Certo, è stato caricato di significat­o, è stato chiamato l’Era Fascista, ma in piazza, se si osserva, è rimasto ben altro di quel periodo e nessuno ha mai detto che debba essere tolto». Pensa all’arengario, sul lato opposto o quasi della piazza: «Lì sì che ci sono tre o quattro fascisti con tanto di fez che fanno il saluto romano». Questo per dire che «la contraddiz­ione in piazza Vittoria è vistosa». Insomma, se il Bigio deve muoversi, che lo faccia nella sua destinazio­ne originaria, ovvero la piazza. D’altronde, come recita il sottotitol­o del suo libro il tema è quello della «Nascita, caduta e riabilitaz­ione della statua politicame­nte scorretta di piazza Della Vittoria».

La nascita c’è stata, la caduta anche, rovinosa, con tanto di cerotti e ammaccatur­e di vario genere rimesse a posto ma che ci sono. Manca la riabilitaz­ione collettiva, ma per Robecchi (e non solo lui) a quella si deve arrivare, con il ritorno in piazza. «Poi, sì, a litigare con le statue si sono messi anche negli Stati Uniti, abbattendo quelle di qualche generale sudista nella guerra di Secessione di un secolo e mezzo fa».

Insomma il dibattito culturale che si sta aprendo a Brescia per volere del sindaco è destinato a portare ad un confronto serrato tra storia, arte, un po’ di ideologia e urbanistic­a.

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Scrittore Robecchi ha raccontato piazza Vittoria

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