Il lato torbido di Kokoschka
Al Sancarlino, la passione rovente del pittore per la moglie di Mahler
Dalle marionette di Kleist, senz’anima ma piene di grazia, all’attore supermarionetta di Gordon Craig, dalla bambola di stoffa di Kokoschka ai manichini antropomorfi nel cinema di Marco Ferreri (Marcia nuziale) per approdare ancora alle bambole di Francesco Permunian, la Griselda (Cronaca di un servo Felice) oppure Eburnea e Leucadia amate e seviziate (La casa del sollievo mentale), senza dimenticare il surreale racconto di Tommaso Landolfi, La moglie di Gogol, altro pupazzo dalla pelle carnicina e nudo in tutte le stagioni. E ancora, i replicanti di Blade Runner e quella canzone di Patty Pravo. C’è un lungo filone feticista che percorre l’immaginario europeo e che mette in evidenza follie, ossessioni, nonché turpitudini umane.
Stasera (ore 20.30) al Sancarlino per la rassegna Teatro Aperto terzo appuntamento con La sposa del vento — La bambola di Kokoschka di Nicola Bonazzi con un trio di interpreti di assoluto livello nazionale: Elisabetta Pozzi, Maria Paiato e Fuilvio Pepe. La vicenda è nota e realmente accaduta. Una passione ro- vente spinta fino al limite estremo, protagonisti Oskar Kokoschka, pittore espressionista e Alma Mahler, moglie del compositore Gustav, pittrice e seduttrice seriale soprannominata «Vedova delle Quattro Arti», visto che era stata anche la consorte dell’architetto Walter Gropius, dello scrittore Franz Werfel. Oltre ai matrimoni, Alma aveva vissuto inoltre altre liaison clandestine, tra cui quella con Gustav Klimt. Tra Oskar e Alma ci fu un turbine di viaggi, fughe,lettere, possessività (La sposa nel vento è il titolo di un famoso quadro), finché lei lo piantò mentre lui era al fronte a combattere. A questo punto Oskar contattò Hermine Moos, una fabbricante di bambole e modista, e le chiede di creare per lui una bambola con le fattezze della donna amata. Un giorno però, nel 1920, dopo aver portato la silenziosa amante ad una festa in maschera, la fece a pezzi in uno scatto d’ira. «Il testo — ci racconta Paiato — è scritto benissimo e segue una logica poetica più che lineare, ha un andamento cinematografico. Tutti e tre i personaggi sono ben definiti e la storia d’amore mette in rilievo una vena di crudeltà e di paura, mentre incombe la catastrofe della Grande Guerra che annuncia l’inizio della decadenza europea del secolo e prelude ad altri orrori».
Un caso di mal d’amore, di cecità e di violenza. Gli uomini non accettano l’abbandono.
«Indubbiamente c’è questo, ma anche altro, è un testo di tante sfaccettature. Il mio personaggio, quello di Hermine Moos, mi ha fatto venire in mente Blade Runner. Ha presente il progettista genetico che costruisce pupazzi meccanici? Un piccolo uomo chiuso in un micro mondo fittizio, solo come un topo, circondato da giocattoli, da freaks tecnologici».
Non uno spettacolo, ma un reading, un concerto per sole voci.
«Le voci e le interpretazioni emotive degli attori danno la possibilità di immaginare quello che non si vede. Potenza della parola».
Il coordinamento registico è di Elisabetta Pozzi. Biglietto euro 16. Info 030 2808600, online viva ticket.it.