Referendum sull’acqua: appello ai sindaci
Appello a non fare entrare i privati nella gestione del ciclo idrico se vincesse il sì. Ma il tema è l’affluenza
Un appello ai sindaci. Perché non vanifichino quell’esercizio di democrazia che è il referendum del 18 novembre. È questa la richiesta più importante che Legambiente Lombardia rivolge agli amministratori bresciani.
«Chiediamo ai sindaci dei 205 comuni della provincia – ha detto ieri la presidente Barbara Meggetto – di ottemperare con onore al ruolo di rappresentanti delle loro comunità. Portando all’interno della successiva conferenza dei sindaci il parere vincolante espresso dai propri cittadini». Già, perché mesi fa si era materializzato lo spauracchio che gli amministratori non avrebbero dato seguito a ciò che sarebbe emerso dal voto referendario sulla gestione 100 per cento pubblica del ciclo idrico. Nell’ultima assemblea dei sindaci della provincia, il primo cittadino di Lumezzane, Matteo Zani, aveva detto che lui non avrebbe cambiato idea. E come lui altri amministratori. Aprendo alla possibilità che la società mista pubblico-privata – votata nell’ottobre 2016 dai sindaci – rimanesse identica anche se il referendum sancisse la vittoria dei «sì». Ossia di coloro che, votando, vogliono che i privati non entrino nel gestore unico «Acque bresciane». Nemmeno con l’un per cento. Venerdì, durante il convegno sull’acqua al quale ha partecipato il presidente della Camera Roberto Fico, il tema è stato sfiorato anche dal presidente della Provincia. La decisione sulla natura del gestore «spetterà poi ai sindaci» ha detto in sede di assemblea, Samuele Alghisi. Ma il referendum nasce proprio per evitare che si faccia la gara che permetterebbe di far entrare un socio privato al 40-49% in «Acque bresciane». Il tema dirimente è l’affluenza. Tutti si aspettano il trionfo del «sì» con percentuali bulgare (si parla di un 95% di consensi) ma il tema dirimente è l’affluenza: se andrà alle urne meno del 30% degli aventi diritto è probabile che l’assemblea dei sindaci non riveda le proprie posizioni in merito alla gara per fare entrare il socio privato. Ecco perché ieri Mariano Mazzacani del comitato referendario e la stessa Legambiente hanno invitato i cittadini a recarsi alle urne.
Si vota dalle 8 alle 22. Basta la carta d’identità. Gli edifici scolastici sono gli stessi di altre elezioni. Per questa consultazione la Provincia spende un milione e mezzo di euro, più di 900 mila i bresciani al voto. «Se calcolate – dice Mazzacani – sono meno di due euro a testa. Per un tema centrale dell’oggi e del domani». Anche il comitato referendario invita i sindaci a «superare le divisioni» e dare attuazione al referendum. «Serve avere maggiore forza contrattuale» aggiunge Meggetto di Legambiente. Che esorta tutti i sindaci a non privatizzare il 40-49% della società del ciclo idrico. Con quella cifra «non avremmo alcuna garanzia né certezza per il futuro» dice Meggetto. Per lei, «solo una gestione pubblica, scevra da logiche speculative, può garantire» un servizio efficace ed economico. Capace di generare qualità e una distribuzione che raggiunga tutti. E questo «può farlo solo il pubblico». La presidente sa bene che i privati sono in grado di gestire l’acqua, ma il punto sono le finalità. I privati per definizione devono fare utili. E questo significa che ci sono dividendi da distribuire. Il pubblico, invece, reinveste i propri guadagni. Non ha altri scopi. L’altro no è l’efficienza. A dispetto della nomea, Legambiente ricorda che anche le società del ciclo idrico a gestione 100% pubblica sanno gestire l’acqua. L’esempio è quello di Cap, società della provincia di Milano che ha scarse perdite d’acqua nella rete idrica e tra i costi più bassi in tariffa (0,78 € al metro cubo). Oppure Hidrogest Spa della Bergamasca, che non aumenta le tariffe dal 1993 e negli ultimi anni ha investito 60 milioni. O Viveracqua, che in Veneto ha riunito 12 aziende a totale partecipazione pubblica e investe 200 milioni l’anno.
Se vincono i «sì» al referendum, che succederà? A2A continuerà a gestire il ciclo idrico nei comuni «in concessione» fino alla loro scadenza (esempio: Montichiari nel 2024, Lumezzane nel 2021), dopodiché i comuni passeranno ad Acque bresciane. Società che il referendum vuole al 100% pubblica.
Efficienza pubblica Gli ambientalisti citano l’esempio di Cap, ente pubblico che gestisce l’acqua nel Milanese