Vibrazioni siberiane
Teatro alla Scala Maxim Vengerov inaugura la stagione della Filarmonica
Afar gli onori di casa sarà Riccardo Chailly, splendido anfitrione chiamato a sfoggiare le qualità della «sua» Filarmonica nel «Concerto per orchestra» di Bartok, brano virtuosistico per le varie sezioni di cui si compone il complesso sinfonico; ospite d’onore uno dei massimi violinisti viventi, Maxim Vengerov, atteso solista nel primo Concerto di Shostakovich. Nomi nobili che domani illumineranno l’inaugurazione della 37a stagione della Filarmonica della Scala e che stasera festeggiano la 10a edizione delle «Prove Aperte», la sempre più apprezzata formula con cui l’orchestra scaligera ha allargato il proprio pubblico, portando al Piermarini giovani, famiglie tanti altri appassionati o semplici curiosi che non vi erano mai stati. Un’operazione culturale che ha avuto anche risvolti sociali importanti: grazie al sostegno del main sponsor Unicredit Foundation, che copre i costi delle prove, il ricavato va ad associazioni che operano nel sociale: nei primi nove anni le 47 serate benefiche sono state seguite da oltre 78mila spettatori e hanno portato alle 37 associazioni coinvolte più di un milione e 100mila euro. Nel 2019 le realtà beneficiarie saranno legate a progetti rivolti ai bambini: la fondazione Arché il 10 marzo (sul podio Edward Gardner), il 14 aprile la Casa della carità (direttore Myung-Whun Chung), ancora Chailly due settimane dopo per L’abilità e infine il 12 ottobre Daniel Harding e Isabelle Faust al violino si esibiranno in favore de L’aliante.
Stasera, come da tradizione, sono state invitate le persone seguite dai servizi sociali del Comune; a loro, prima di alzare la bacchetta, Chailly spiegherà i due brani in programma. Per Vengerov il Concerto di Shostakovich è legato a un ricordo indelebile: «Lo suonai per la prima volta a 17 anni, la stessa età in cui debuttai alla Scala, accompagnato da Giulini in Mendelssohn; mi aveva invitato a un suo festival Rostropovich»; il mitico violoncellista, come fatto dallo stesso Vengerov, aveva affiancato all’attività solistica la carriera direttoriale; «Mi ero preparato bene e avevo la sensazione di suonarlo benissimo; ma lui non era soddisfatto: mi disse che era un suono generico, non quello adatto a una musica che doveva riflettere i dolori e la tormentata storia di un uomo su cui era caduta la censura del Partito comunista e che vedeva ostracizzato il suo genio. Slava era stato suo amico e mi raccontava delle sue chiacchierate con lui: mi portava al cuore di Shostakovich, svelandomi aneddoti che solo lui conosceva». Una lezione di cui ha fatto tesoro, mentre Barenboim gli ha suggerito un’altra prospettiva: «Lo incontrai per la prima volta per suonare Sibelius, con lui che mi accompagnava al pianoforte; anche lui trovava il suono generico, ma perché voleva sentire il mio Sibelius; altrimenti, diceva, perché la gente dovrebbe venire a teatro per ascoltare un brano uguale a come lo aveva sentito altre volte?». Stasera in Scala risuonerà uno Shostakovich unico.