Quando app e intelligenza artificiale fanno rete
La parola chiave è quella che caratterizza le reti d’impresa: condivisione di obiettivi, stili e ideali. Ma «Iobo», la neonata rete tra cinque aziende bresciane, ha delle peculiarità originali. È la prima a Brescia e in Lombardia nel settore della digitalizzazione, quella vera che riguarda soprattutto il futuro prossimo e per questo si propone di «andare oltre alla realtà attuale per contribuire a creare qualcosa di nuovo». Con un obiettivo: sviluppare servizi, prodotti e tecnologie che consentano di facilitare il lavoro e la vita di chiunque. Aziende comprese. Altra caratteristica di «Iobo» è la trasversalità. Le reti d’impresa tradizionali sono basate sulla verticalità delle imprese che le compongono. Una sorta di filiera. L’originalità di «Iobo» è quella di mettersi insieme ma per contaminarsi con diverse competenze ed essere complementari.
Ma se l’idea è quella di volare alto, da imprenditori non poteva mancare la concretezza. Ed ecco allora la «nascita» di un algoritmo, già sperimentato in vigneti della Valle d’Aosta, che consentirà ai produttori di conoscere quando fare alcuni trattamenti alle vigne e in alcuni terreni piuttosto che altri. Un progetto piaciuto alla Coldiretti che si è subito attivata per ampliarlo in modo da spingere le imprese agricole verso una reale agricoltura 4.0. Quella che attraverso sensori nei campi o sulle macchine agricole, consentirà di «predire» possibili malattie delle produzioni o carenze d’acqua o ottimizzare la manutenzione e quindi la funzionalità dei macchinari. Così dalla tecnologia «predittiva» applicabile a macchine utensili ma non solo, ecco anche le app in grado di ottimizzare lavori e produzioni. Tanti i potenziali settori di intervento che vanno dalla nuova fabbrica 4.0 all’automotive, dal settore sanitario a quello del turismo. «Iobo» si mette a disposizione per fornire il supporto tecnico e formativo utile a chiunque voglia intraprendere la cosiddetta «rivoluzione digitale». E magari, non essendo una rete chiusa, coinvolgerli a tal punto da farli diventare nuovi componenti di «Iobo». E si perché per entrare nella rete, così come in chimica, basta sentirsi atomi con cariche diverse che se entrano in contatto si attraggono fino a creare un legame ionico. Con lo ionic bond si uniscono quindi elementi diversi per trasformare la realtà e creare qualcosa di solido e ordinato come un cristallo. Da qui l’origine dell’acronimo «Iobo» scelto per identificare la rete. Le cinque aziende visionarie che hanno dato il via al progetto sono: Fasternet (digital trasformation); Gothamsiti (digital agency); Gulliver (sviluppatrice di app aziendali); Mipu (intelligenza artificiale) e Zerouno Informatica (servizi IT). E a proposito di concretezza «Iobo» si presenta con un fatturato consolidato di 26 milioni di euro, circa 210 tra dipendenti e collaboratori e oltre 2.500 aziende clienti.