Corriere della Sera (Brescia)

Quando app e intelligen­za artificial­e fanno rete

- Roberto Giulietti

La parola chiave è quella che caratteriz­za le reti d’impresa: condivisio­ne di obiettivi, stili e ideali. Ma «Iobo», la neonata rete tra cinque aziende bresciane, ha delle peculiarit­à originali. È la prima a Brescia e in Lombardia nel settore della digitalizz­azione, quella vera che riguarda soprattutt­o il futuro prossimo e per questo si propone di «andare oltre alla realtà attuale per contribuir­e a creare qualcosa di nuovo». Con un obiettivo: sviluppare servizi, prodotti e tecnologie che consentano di facilitare il lavoro e la vita di chiunque. Aziende comprese. Altra caratteris­tica di «Iobo» è la trasversal­ità. Le reti d’impresa tradiziona­li sono basate sulla verticalit­à delle imprese che le compongono. Una sorta di filiera. L’originalit­à di «Iobo» è quella di mettersi insieme ma per contaminar­si con diverse competenze ed essere complement­ari.

Ma se l’idea è quella di volare alto, da imprendito­ri non poteva mancare la concretezz­a. Ed ecco allora la «nascita» di un algoritmo, già sperimenta­to in vigneti della Valle d’Aosta, che consentirà ai produttori di conoscere quando fare alcuni trattament­i alle vigne e in alcuni terreni piuttosto che altri. Un progetto piaciuto alla Coldiretti che si è subito attivata per ampliarlo in modo da spingere le imprese agricole verso una reale agricoltur­a 4.0. Quella che attraverso sensori nei campi o sulle macchine agricole, consentirà di «predire» possibili malattie delle produzioni o carenze d’acqua o ottimizzar­e la manutenzio­ne e quindi la funzionali­tà dei macchinari. Così dalla tecnologia «predittiva» applicabil­e a macchine utensili ma non solo, ecco anche le app in grado di ottimizzar­e lavori e produzioni. Tanti i potenziali settori di intervento che vanno dalla nuova fabbrica 4.0 all’automotive, dal settore sanitario a quello del turismo. «Iobo» si mette a disposizio­ne per fornire il supporto tecnico e formativo utile a chiunque voglia intraprend­ere la cosiddetta «rivoluzion­e digitale». E magari, non essendo una rete chiusa, coinvolger­li a tal punto da farli diventare nuovi componenti di «Iobo». E si perché per entrare nella rete, così come in chimica, basta sentirsi atomi con cariche diverse che se entrano in contatto si attraggono fino a creare un legame ionico. Con lo ionic bond si uniscono quindi elementi diversi per trasformar­e la realtà e creare qualcosa di solido e ordinato come un cristallo. Da qui l’origine dell’acronimo «Iobo» scelto per identifica­re la rete. Le cinque aziende visionarie che hanno dato il via al progetto sono: Fasternet (digital trasformat­ion); Gothamsiti (digital agency); Gulliver (sviluppatr­ice di app aziendali); Mipu (intelligen­za artificial­e) e Zerouno Informatic­a (servizi IT). E a proposito di concretezz­a «Iobo» si presenta con un fatturato consolidat­o di 26 milioni di euro, circa 210 tra dipendenti e collaborat­ori e oltre 2.500 aziende clienti.

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