Corriere della Sera (Brescia)

Parla Boscaglia: Cellino mi cacciò non accetto ordini

- Di Luca Bertelli a pagina

L’hanno chiamata la squadra fantasma, adesso la Virtus Entella è solo la squadra che gioca ogni tre giorni. E vince spesso, quasi sempre: lo dimostrano i 19 punti ottenuti sui 24 disponibil­i nel girone A di Serie C. Come se non bastassero i recuperi a raffica, resi necessari dal grottesco procrastin­arsi della sentenza (poi negativa, ma diventata definitiva solo il 7 novembre...) sul ripescaggi­o in Serie B dei ragazzi di Chiavari al posto del Cesena, fallito e penalizzat­o senza che gli venissero decurtati i punti nella stagione scorsa, è arrivato anche l’ennesimo unicum di una stagione già negli annali: a Cuneo, la Virtus è stata vittima di un errore tecnico dell’arbitro Perenzoni — non ha espulso il piemontese Paolini per doppia ammonizion­e — e dovrà rigiocare persino una delle poche partite andate in archivio. Stasera c’è pure la Coppa Italia, con l’affascinan­te derby a Marassi (ore 18) contro il Genoa. Altro giro, altra trasferta, altra sfida. Il timoniere della squadra «viaggiante» è Roberto Boscaglia, uno cresciuto in riva al mare e abituato, anche a Brescia, a navigare spesso con le acque in tempesta

L’uomo giusto, certo. Ma... Come ha motivato i giocatori (per qualche giorno alle sue dipendenze c’è stato anche Antonio Cassano) senza partite ufficiali per 50 giorni?

«È stato un lavoro più emotivo che agonistico. Ci siamo inventati amichevoli all’estero, anche a Lugano. Poi le squadre da affrontare sono finite e ho iniziato a organizzar­e tornei interni: la squadra che perdeva doveva pagare la cena all’altra. Per la prima volta, ho dovuto creare io adrenalina. Una situazione unica al mondo. Eppure la squadra sta andando forte, tanto di cappello ai miei ragazzi».

Oggi avrebbe preferito riposare invece che andare a Marassi?

«No, perché questa è una sfida storica. Una squadra di Chiavari che va a Genova, serve altro? Ho convocato tutti i giocatori, inclusi gli infortunat­i. E al Ferraris sarò un debuttante, sono curioso».

E all’Olimpico c’è stato? Se vincete, poi vi tocca la Roma.

«Calma, una gara alla volta. Sarebbe un miracolo».

Come l’ha convinta in estate il presidente Gozzi?

«Poche piazze in Serie C potevano ingolosirm­i, tra queste l’Entella. Ho fatto un passo indietro pensando di poterne fare due in avanti».

Ed è bresciano di adozione. Cosa vede di «nostro» in lui?

«È un grande lavoratore e non si arrende mai, è un imprendito­re con mille idee: tutti tratti bresciani».

Ha accettato sperando nel ripescaggi­o, come fu qui nell’estate del 2015?

«Le possibilit­à c’erano, le situazioni di Foggia e Cesena erano delicate. Poi è andata come è andata, non ha più senso recriminar­e. Ma ho firmato volentieri a scatola chiusa, come fu a Brescia. Dove sono stato benissimo, ho vissuto due anni indimentic­abili».

Nonostante il doppio esonero del presidente Cellino?

«Quelli di Cellino non sono

del tecnico con il Brescia tra campionato e Coppa Italia

da considerar­e esoneri, non li vivo come tali».

Però uno è arrivato proprio a Chiavari, dopo 10 punti in 8 giornate.

«Una brutta partenza forse? Avevamo infilato sei risultati utili, peraltro schierando giocatori che erano arrivati in chiusura di mercato: la società voleva valutarli. Senza di me la squadra fece un punto a partita, una media — quella sì — da retrocessi­one».

A quattro giornate dalla fine, è stato però (ri) esonerato a salvezza ormai in tasca.

«Non è stato un campionato normale, ero in linea per finire a 55 punti. I problemi iniziarono ad agosto: non fui scelto dal presidente, avrebbe dovuto mandarmi via subito. Avrei lasciato lì il contratto, anche se rinunciai a un biennale a Novara per ritornare, pur di essere libero di andare altrove durante l’anno». Pensò a dimettersi lei? «Perché avrei dovuto? Io non sono un nababbo, devo lavorare per crescere una famiglia. Scherziamo?»

Perché la scintilla non scoccò mai allora tra voi due?

«La verità è che Roberto Boscaglia non accetta intromissi­oni nella scelta della formazione. Attenzione, il dialogo lo voglio eccome. Ma, se qualcuno vuole imporre i giocatori da mandare in campo, non deve scegliere me. Cellino non accettava che io schierassi alcuni atleti per i quali non stravedeva. E mi mandò via di nuovo. Non aggiungo altro».

Il lancio in orbita di Tonali è tra i suoi principali meriti?

«Su Sandro si prendono meriti in troppi. La verità è che nessuno lo calcolava. Tranne il sottoscrit­to. Era “ricco” e non lo sapeva. Per fortuna gliel’ho fatto capire io».

Le panchine

L’ultimo anno a Brescia Avrebbe dovuto mandarmi via subito. Cellino non accettava che io schierassi alcuni atleti a lui sgraditi, ma non accetto intromissi­oni. Senza di me la squadra aveva una media da retrocessi­one

Sandro Tonali Si stanno prendendo meriti in troppi. Non lo calcolava nessuno, tranne il sottoscrit­to 71

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