L’assicuratore e l’operaio: così si giocano la vita
Di professione faceva l’assicuratore, nei fatti incassava i soldi e poi li utilizzava per sé. Qualcuno potrebbe pensare ad una truffa, invece si trattava di una malattia: il gioco d’azzardo. Una patologia a tutti gli effetti, non a caso inserita nei Livelli essenziali di assistenza dal 2017. Quella dell’ex assicuratore bresciano è una storia emblematica: l’uomo aveva raccolto dai suoi clienti quasi 300 mila euro, ma in pochi mesi li ha dilapidati nel gioco, tra «gratta e vinci» e slotmachine. Un professionista che prima di essere preso in carico dai sanitari ha continuato a giocare di nascosto. Poi però questo «mondo parallelo» è emerso e l’uomo ha perso tutto: moglie, figli, la casa. Una metaforica «caduta agli inferi» dalla quale non è semplice risorgere. Ma l’identikit dell’assicuratore rappresenta uno dei profili che più sono soggetti alle «sirene» del gioco d’azzardo: maschio, di età compresa tra 40 e 50 anni, con un’istruzione di livello medio. Quando l’assicuratore inizia a capire che ha perso 100 mila euro, nella sua mente scatta un meccanismo dal quale è difficile uscire: l’uomo gioca in maniera ancora più compulsiva nel tentativo di recuperare quanto perso, ma si inguaia ulteriormente. In soldi e in lucidità. La dipendenza da gioco costringe a cure farmacologiche: una vera patologia, come evidenziato dalle risonanze che mettono in luce zone neuronali che si attivano nello stesso modo di chi abusa di cocaina. (m.tr.)