Corriere della Sera (Brescia)

La vacanza sul lago finisce in carcere

La Russia vuole manager israeliano. L’appello: caso politico, il giudizio non sarà equo

- Di Mara Rodella

L’intenzione era quella di passare le vacanze di Pasqua sul Garda. Il’ja Sherman, manager israeliano, invece è in carcere a Brescia da otto mesi. La Russia, dove ha lavorato anni fa, ha chiesto l’estradizio­ne perché lo ritiene coinvolto in un caso di truffa. Famiglia e legali, però, si appellano alla giustizia: «Non estradatel­o, quell’inchiesta è basata su ragioni politiche e in Russia non avrebbe un equo processo».

L’incubo inizia una notte di marzo sul lago di Garda, i primi giorni di una vacanza con la famiglia (la moglie e la figlia minorenne), tanta voglia di relax dopo che il suo lavoro da manager lo aveva portato in giro per il mondo. Alla porta della sua stanza d’hotel si materializ­zano gli uomini della Polizia di Stato: il suo nome, registrato alla reception, figura tra quelli ricercati dall’Interpol. Ce n’è abbastanza per trasferirl­o dalla stanza del suo confortevo­le albergo gardesano ad una angusta cella di Canton Mombello, quello che i famigliari hanno descritto ad un quotidiano «piccola in cui c’erano dieci detenuti, veri e propri criminali, in maggioranz­a musulmani». E per uno che ha la cittadinan­za israeliana e cerca la pacifica convivenza è un particolar­e non da poco.

Questa è la storia di Il’Ja Sherman, cognome americano e passaporto israeliano, che per anni ha lavorato in Russia come dirigente della «Procket», compagnia specializz­ata in riscossion­e crediti, in attrito, sostengono i suoi difensori impegnati in una battaglia legale che dura da otto mesi, con il governo di Putin. È proprio la Russia a chiedere l’arresto del manager (provvedime­nto emesso otto mesi dopo il suo rientro in Israele) per truffa aggravata per aver acquistato con documenti falsi (e, pare, con alcuni complici) due terreni del demanio russo, per circa 640 milioni di rubli, più o meno, 8,5 milioni di euro. Sherman sapeva che le autorità russe stavano indagando per un sospetto di truffa, «ci deve essere stato un equivoco, io ero solo un dipendente», ripete chiamandos­i fuori da eventuali giochi di potere più grandi di lui. Sono otto mesi che lo ripete ad ogni udienza, davanti ad ogni magistrato che analizza la richiesta di estradizio­ne avanzata dalla Russia. Daria, la figlia di prime nozze, che vive a Londra, gli fa visita spesso a Brescia e non ha buone notizie: «Non ce la fa più, non può andare avanti così. È provato, debilitato», spiega. E ha paura: in Russia rischia fino a dieci anni di reclusione e le cose in Italia non si stanno mettendo bene. Con una sentenza diventata inappellab­ile il 13 novembre, infatti, la Corte d’appello di Brescia ha detto sì all’estradizio­ne, rigettando sia l’opposizion­e avanzata dall’avvocato difensore, Alexsej Obolenets (affiancato dai colleghi italiani), che dalla stessa procura generale. Entrambe le parti, infatti, concordano su un aspetto, «il rischio concreto che Sherman possa essere sottoposto a trattament­i contrari rispetto alle prescrizio­ni di giustizia europea» si legge nel parere negativo della procura dove si sottolinea­no anche «le possibili condizioni di detenzione disumane» cui potrebbe essere sottoposto il manager. Ma c’è di più: la procura generale evidenzia che nell’ordinanza trasmessa da Mosca l’8 agosto, non si riscontrer­ebbe l’esistenza di elementi probatori chiari, di gravi indizi di colpevolez­za a carico di Sherman. «Non ci sono ragioni certe sulla fondatezza dell’impianto accusatori­o» sottolinea­no a Brescia, ma sussiste il pericolo delle condizioni detentive cui potrebbe andare incontro. La Corte, però, è stata di diverso avviso e ha dato il via libera. «L’udienza non è durata più di dieci minuti» ha denunciato la figlia del manager, in lacrime, «lui a malapena riesce a reggersi in piedi: è invecchiat­o di dieci anni in pochi mesi, è emotivamen­te distrutto e in preda all’angoscia». Sherman sta cercando di imparare l’italiano per comunicare con le guardie e i detenuti, passa due ore a settimana in biblioteca, ma pare che anche le condizioni di salute non siano buonissime (soffre del morbo di Cronh).

Tecnicamen­te il manager israeliano potrebbe essere processato anche a Brescia, ma la Russia non demorde. Per Sherman è una corsa contro il tempo per evitare l’estradizio­ne anche se ci sono ancora due spiragli aperti. Il ministero, nonostante la sentenza, può valutare di non concedere l’estradizio­ne e proprio in queste ore il procurator­e generale ha scritto una lettera a Roma. Il 19 dicembre poi è fissata in Cassazione l’udienza sul ricorso delle difese di Sherman contro l’ordinanza di custodia cautelare emessa in seguito alla richiesta di estradizio­ne. I giudici potrebbero decidere di annullare il provvedime­nto e disporre la scarcerazi­one. A questo punto l’indagato sarebbe libero di tornare a casa. Una prospettiv­a che la famiglia attende con ansia: «Temiamo che in Russia non possa sopravvive­re, dalle lettere che ci manda trapela la sua graduale perdita di speranza. Mio padre vuole solo tornare in Israele e correre in spiaggia con i suoi cani».

 ??  ?? Provato Il’ja Sherman, in cella da marzo
Provato Il’ja Sherman, in cella da marzo
 ??  ?? Canton MombelloIl’ja Sherman si trova da marzo in una cella di Canton Mombello, un carcere che i famigliari dell’uomo hanno descritto come: «vecchia e squallida prigione con i muri scrostati»
Canton MombelloIl’ja Sherman si trova da marzo in una cella di Canton Mombello, un carcere che i famigliari dell’uomo hanno descritto come: «vecchia e squallida prigione con i muri scrostati»

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