Corriere della Sera (Brescia)

«Incriminat­o per ragioni politiche Non consegnate­lo»

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Un gioco di potere, un ingranaggi­o infernale che rischia di stritolare il pesce più piccolo, quello più indifeso e la Russia, al momento, non dà garanzie di imparziali­tà e di un equo giudizio.

L’avvocato russo di Il’ja Sherman, Aleksej Obolenec, non ha dubbi su cosa si nascondere­bbe questa incriminaz­ione che ha trasformat­o le vacanze pasquali del 2018 tra i laghi del Nord Italia di un manager di origine ebrea abituato a girare il mondo per lavoro, in un calvario che rischia di farsi ancor più drammatico. «La disputa d’affari nella quale Sherman si è involontar­iamente trovato coinvolto si trascina sin dall’inizio del 2000. All’epoca degli imprendito­ri molto vicini al presidente Putin esigevano dalla “Proekt” una tangente di circa dieci milioni di dollari. Gli fu detto che se non pagavano sarebbero iniziati i guai. Quando si rifiutaron­o iniziarono i problemi. Nel 2012 le prime contestazi­oni penali contro i manager e i proprietar­i, nel 2015 altre accuse (l’acquisizio­ne di due terreni dalle parti di Mosca) che finirono per coinvolger­e anche Sherman, che era un semplice funzionari­o, incapace, anche se avesse voluto, di architetta­re il raggiro per il quale lo accusano».

Ma secondo il legale a giocare un ruolo determinan­te è il contesto politico in cui si muovono le contestazi­oni: «I proprietar­i della compagnia per la quale lavorava Sherman finanziava­no in qualità di sostenitor­i le forze dell’opposizion­e in Russia e il loro impegno politico è stato evidenteme­nte visto come uno smacco, un’onta da lavare con l’apertura delle inchieste penali». Il dubbio è che ora, dopo il sì della Corte d’appello di Brescia, nonostante (caso curioso, stigmatizz­ato anche dalla stampa israeliana che si è occupata della storia) il parere contrario della Procura generale, prevalga anche qui la ragion di Stato nelle decisioni del ministero di Giustizia cui spetta l’ultima parola. «Come noto — osserva l’avvocato — l’attuale governo italiano è caratteriz­zato da una linea filorussa. È plausibile quindi che le autorità italiane per compiacere la Russia dicano sì all’estradizio­ne a prescinder­e

dal contesto entro il quale si sarebbero sviluppate le accuse contro Sherman». Un uomo che in carcere ha rivissuto i momenti difficili di quando a Saratov, cittadina russa in cui viveva da giovane con la sua famiglia, gli Sherman venivano discrimina­ti per la loro etnia. Una condizione, quella di ebreo con cittadinan­za israeliana, che non gli ha giovato neanche a Brescia. «Israele deve muoversi osserva il legale — e chiedere all’Italia la consegna di Sherman».

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I timori La politica filorussa del Governo italiano non aiuta Ma là non avrebbe un processo equo

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