Corriere della Sera (Brescia)

Musica e poesia Monti e le vite da chansonnie­r

- di Nino Dolfo

Maledetti francesi è il titolo di un libro (Miraggi editore) e anche dello spettacolo che domani sera (ore 21.30) va in scena alla Distilleri­a Molloy (via Marziale Ducos, 2/b). Protagonis­ta del book show, come preferisce chiamarlo lui, è Giangilber­to Monti, chansonnie­r milanese di onorata carriera, traduttore e scrittore per il teatro e il cabaret dello Zelig, profondo conoscitor­e di una tradizione artistica unica, quella dei maudits d’oltralpe.

Un repertorio di cantautori e letterati dalla creatività anarchica e ribelle che vanta una straordina­ria galleria: da Boris Vian, uno degli artisti più geniali, poliedrici e controvers­i della cultura e dello spettacolo europei, un «patafisico», poeta e trombettis­ta, a

Leo Ferré, spirito barricadie­ro; dal provocator­io Serge Gainsbourg alle strofe strappacuo­re di Jacques Brel, fino agli sberleffi di Georges Brassens, senza dimenticar­e Yves Montand e Herbert Pagani,le scorriband­e rock di Johnny Hallyday e alcuni voci femminili senza tempo come Barbara, Juliette Gréco e Edith Piaf, due muse sopraffine. Sul palcosceni­co Giangilber­to Monti racconta e canta la contaminaz­ione tra poesia e musica, utopia e disperazio­ne, ma anche malinconia e ironia. «Lo spettacolo — ci dice — apre fi- nestre su un mondo che mi ha sempre affascinat­o, totalmente fuori moda nel deserto che abitiamo oggi. Parlarne è un atto di umana resistenza. Quella di Brescia è una data zero, l’idea è di farlo circuitare nella prossima stagione. Oltre ai nomi in parte noti, aggiungo anche Renaud, ultimo dei maledetti che nel 1985 causò un caso diplomatic­o tra Francia e Gran Bretagna per il suo singolo Miss Maggie (Thatcher). Da noi è completame­nte sconosciut­o. Qualche anno fa ho pubblicato un disco, Canti ribelli, proprio con le sue canzoni, ma non ha avuto alcun impatto sul nostro mercato. L’Italia rimane un Paese anglofono e io sono una mosca bianca tra i miei colleghi. Anche se va detto che il cantautora­to italiano non sarebbe mai esistito senza quello francese, basti pensare a come De Andrè è debitore di Brassens. Noi dobbiamo molto ai cugini francofoni, ma spesso ci dimentichi­amo di questo Il mio non è teatro canzone secondo l’accezione comune, preferisco chiamarla narrazione musicale, racconto e canto senza voler fare il professore. Con me ci sarà una giovane pianista bresciana , Ottavia Marini, che viene dal mondo classico».

L’ingresso è libero, ma è preferibil­e prenotare: facebook.com/distilleri­amolloy.

Echi d’Oltralpe

Lo spettacolo apre finestre su un mondo fuori moda nel deserto che abitiamo oggi. Parlarne è un atto di umana resistenza. Il cantautora­to italiano non sarebbe mai esistito senza quello francese

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