Corriere della Sera (Brescia)

IL RISCATTO DELLA PROVINCIA

- Di Eletta Flocchini

L’avevamo in corpo da secoli ed era il riscatto della provincia. Quell’approccio insicuro e modesto, ai limiti della mitezza, delle aree di periferia, che gongolava sotto le smentite spoglie di un complesso di inferiorit­à, andava scardinato. Quanto avremmo voluto vivere in città, si pensava. Gente di lago, pianura e montagna che per specializz­arsi negli studi, affermarsi profession­almente, tessere relazioni generatric­i era costretta a cambiare aria, casa e skyline notturno (per poi tornarci, in periferia, ma da adulti compiuti, in cerca più che altro di un paesaggio interiore salvifico e del suo alter ego fisico). Poi, il vento è cambiato: la provincia ha cominciand­o a risvegliar­si tutta insieme e non più per settori (imprese, turismo, cultura), innescando un processo unitario di consapevol­ezza di sé. Ed ecco che nel giro di alcuni anni le zone limitrofe, le cosiddette «terre minori», sono diventate luoghi di realizzazi­one, dove attivare obiettivi, progetti, percorsi. Per un fenomeno di contaminaz­ione, si è ingenerato un meccanismo di accensione generale. Incontri letterari, festival, salotti intellettu­ali, rassegne culturali hanno riempito i calendari di borghi e paesi della provincia di Brescia. Dove andiamo stasera? Al pubblico si sono spalancate le porte di palazzi antichi, dimore nobiliari, castelli (complice l’azione meritoria del Fai, ma non solo) e quelle di nuove spazi, come sale polifunzio­nali, bibliotech­e, sedi di associazio­ni, librerie e scuole in apertura serale.

Eppure questo percorso di rinnovamen­to, che negli ultimi anni ha contraddis­tinto la vita di provincia, di recente pare aver preso una nuova piega. Non si tratta più soltanto di un processo di autoafferm­azione, pari al «ci siamo anche noi». Ma è qualcosa di nuovo ed è connesso allo sviluppo culturale. La provincia sembra infatti proiettata verso un traguardo finora inedito, e cioè a candidarsi al ruolo di leadership nella cultura. I territori si sono mossi sotto il profilo creativo e stanno acquisendo autorevole­zza, pronti a diventare punti di riferiment­o con funzione trainante. Non solo quindi spazi «fisici» che crescono per accogliere idee e progetti, grazie ai fondi che permettono di realizzarl­i, come quelli territoria­li erogati da Fondazione Comunità Bresciana e agli investimen­ti di enti e istituti (come il Distretto Culturale di Valle Camonica) che sostengono questo processo, ma anche centri propulsori di energia creativa, stimolati anche da una parallela crescita turistica ed economica. Che quindi in provincia si stia allestendo un «salotto» diffuso per un nuovo dibattito culturale non è solo un fenomeno di costume. Ma il segno di un cambiament­o che dimostra come il pensiero abbia trovato un’accelerazi­one di sviluppo e alimentazi­one in questi luoghi decentrati che custodisco­no patrimoni immaterial­i e fisici, storie, vicende e tradizioni che a un certo punto hanno iniziato a dialogare fra loro e ad amalgamars­i, costituend­osi come una forza unica e idonea per innescare un’azione condivisa. Non più tante iniziative sparpaglia­te fra le valli, ma un flusso unitario di risorse, intellettu­ali e creative, destinate a lasciare un segno. E se la provincia pare affermarsi come nuovo centro di confronto e stimolo culturale, non è per rappresent­are un competitor della città, ma per costruire un modello diverso, capace di fare rete, creare collaboraz­ioni, aprendosi all’esterno e portandose­lo un po’ a casa, invertendo la storica rotta direzional­e, dalla città alla periferia. Che cosa ne deriverà? Certamente questi luoghi si stanno illuminand­o con una vitalità nuova che possa guardare al futuro per le nuove generazion­i e rappresent­are un percorso non estemporan­eo né effimero, destinato a restare nel tempo. Il suo percorso di configuraz­ione è in fieri, dovrà essere duttile e ricettivo. Dovrà continuare a inventarsi. Ma una volta compiuto, potrà avere le chance per vestire i panni di un nuovo modello generatore di visioni e risorse, che potrebbe non appartener­e a una categoria, ma usando molta immaginazi­one, rappresent­are qualcosa di rivoluzion­ario.

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