MEMORIA E LA SUA CASA
Per una singolare coincidenza cronologica quest’anno La Casa della Memoria ha raggiunto la maggiore età (l’ente culturale di via Crispi è stato fondato nel 2000) e il suo presidente Manlio Milani ha tagliato il traguardo degli ottant’anni. Una concomitanza che induce a una duplice riflessione. Da un lato vanno respinti i propositi del presidente di passare la mano: ad oggi è impossibile immaginare Manlio Milani nelle vesti di pensionato della militanza civile e culturale, ed è impossibile immaginare la Casa della memoria senza di lui.
D’altro canto è corretto sollevare, come va facendo lo stesso Milani, interrogativi sulla missione e il destino di questo istituto che non ha eguali nel panorama italiano, se non (nella denominazione) a Milano.
Là dove altre città pur ferite dagli anni di piombo hanno istituito Archivi e Centri studi, a Brescia il Comune e l’Amministrazione provinciale hanno scelto la formula della “Casa”: un luogo culturale vivo, un motore attivo di molteplici iniziative di studio e riflessione, un crocevia che gode di larghissima stima e apprezzamento. In 18 anni l’Associazione costituita da Loggia, Broletto e Associazione dei familiari dei caduti per dar vita a «un centro di iniziative e documentazione sulla strage di piazza Loggia, sulla strategia della tensione» ha onorato appieno il proprio mandato.
Lo ha fatto creando un archivio e una biblioteca preziosi, vigilando sugli sviluppi della vicenda giudiziaria, alimentando la tanto invocata «memoria condivisa» attorno a una delle pagine più tragiche e oscure della storia bresciana. Certo il passare del tempo, lo scolorirsi dei ricordi, il compiersi (anche se non ancora l’esaurirsi) della vicenda giudiziaria, l’allontanarsi delle vicende oggetto di studio generano il rischio di scivolare in un reducismo dai capelli bianchi, scarso di interesse per le giovani generazioni. Almeno tre le proposte ipotizzabili in questa fase. Anzitutto un rinnovato protagonismo (forse anche un ampliamento) del comitato scientifico oggi composto da Filippo Iannaci, Francesco Germinario e Pierpaolo Poggio nel definire gli obiettivi della Casa e nel sollecitare la ricerca di fondi per borse di studio e dottorati di ricerca che valorizzino la vasta dotazione documentaria. Il secondo punto è una nuova consapevolezza di Loggia e Broletto di disporre, grazie alla Casa della memoria, di un prezioso strumento, autorevole ed autonomo, per muoversi sul terreno affascinante della public history, disciplina che si colloca al punto di intersezione fra vicende storiche e dibattito pubblico ed è coltivata e promossa oggi da alcune delle istituzioni culturali più dinamiche (vedasi la Fondazione Feltrinelli): ciò significa che i due enti locali dispongono di un soggetto prezioso in grado di promuovere azioni originali e titolato per coagulare - attraverso università, fondazioni, associazioni e archivi, musei e centri di studio - quel “polo del Novecento” che a Brescia manca, o meglio è disperso e frammentato. Infine una riflessione e un intervento va fatto sull’articolo 1 dello statuto della Casa, ovvero sull’oggetto sociale: se strage e strategia della tensione cominciano a diventare recinti angusti, è giusto e doveroso allargare l’oggetto al tema (sempiterno) della violenza in politica, dei diritti vecchi e nuovi promossi e calpestati, delle linee di tensione e di frattura che inquietano e spiegano il nostro presente. Si tratta né più né meno di promuovere e rendere pubbliche le indagini sui drammi storici dell’altro ieri che trascolorano nel presente: azione civile alta e umanissima poiché, come ammoniva Jorge Luis Borges, «noi siamo la nostra memoria».