Corriere della Sera (Brescia)

Il vescovo alla politica «Restiamo umani ricostruia­mo la civiltà»

La cerimonia dei ceri e delle rose

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Restiamo umani e per farlo non potremo non ricostruir­e una vera civiltà. Lo ha detto ieri il vescovo di Brescia Pierantoni­o Tremolada rivolgendo­si alla politica presente alla cerimonia dei ceri e delle rose nella chiesa di San Francesco. Il vescovo ha citato anche l’attualità del messaggio della Populorum progressio. (Foto LaPresse/Cavicchi)

Restiamo umani, oltre le paure, oltre le tentazioni della tecnologia, della globalizza­zione. Restiamo solidali, impegniamo­ci a dare una casa come luogo sicuro in cui ritrovarsi. La cerimonia del giorno dell’Immacolata nella chiesa di San Francesco ha tradizioni antiche (i rappresent­anti della città offrono ceri al vescovo che ricambia con rose bianche), ma il messaggio è sempre attuale, incalzante. Così è stato anche ieri pomeriggio quando monsignor Pierantoni­o Tremolada, alla suo secondo rito in S. Francesco dall’arrivo in Diocesi, si è affidato al messaggio di Paolo VI, alla sua Populorum Progressio per chiedere un ritorno all’umanesimo «integrale e solidale». «L’umanesimo integrale — ha spiegato — guarda all’uomo in tutte le sue dimensioni, compresa quella spirituale o trascenden­te. L’uomo non guarda solo intorno a sé: sa guardare anche dentro di sé e sopra di sé. Umanesimo solidale significa, invece, impegno a vivere con verità la dimensione sociale dell’umano e a farlo secondo l’intenzione di Dio. Da qui la lotta contro la fame, la ricerca costante dell’equità delle relazioni commercial­i, il superament­o di ogni nazionalis­mo e la contestazi­one di ogni razzismo».

Messaggi che hanno visto la luce nel 1967, ma che conservano una loro sollecitaz­ione forte. «Mi chiedo — osserva il vescovo — che ne è oggi di questo appello risuonato circa quarant’anni fa? Ha ancora un suo senso? È ancora attuale?»

La risposta sta nella nostra quotidiani­tà. «Mi sembra — ha ricordato monsignor Tremolada — di poter dire che oggi risulti maggiormen­te in pericolo l’umanesimo stesso, cioè la visione dell’umano nella sua dignità e bellezza. In altre parole, oggi rischiamo forse più di ieri di essere sempre meno umani nel nostro modo di vivere. Certo, ogni pericolo può essere riconosciu­to e sventato e riuscire nell’impresa significa compiere un passo in avanti nella direzione dell’edificazio­ne di una vera civiltà».

La sfida dell’umanesimo sarà tosta: «sarà indispensa­bile — osserva il vescovo — conservare alla vita il suo caldo spessore di umanità». Per quanto riguarda l’umanesimo solidale, il vescovo davanti allo smarriment­o della globalizza­zione reale e virtuale chiede che ci si impegni tutti «a dare casa, in senso reale e figurato, ad ognuna delle persone che vive nel nostro mondo. Sentiamo il bisogno di qualcuno che ci aiuti, che stia con noi, che ci faccia sentire importanti, preziosi, che non infierisca sulle nostre fragilità. Abbiamo bisogno di luoghi in cui trovare riposo e riparo dalla aggressivi­tà che c’è intorno e dentro a noi». L’umanità senza l’ospitalità sembra un affanno inutile.

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La cerimonia L’accensione dei ceri ad opera del sindaco Del Bono (LaPresse)

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