Radiodervish, una rapsodia dello spirito
Un concerto che regala sempre forti emozioni, soprattutto a chi decide di andare per la prima volta. Stiamo parlando dei Radiodervish, band che da 25 anni canta la musica dal mondo, in scena martedì alle 21 al Diocesano di Brescia (entrata a 15 euro), nell’ambito del festival «Le musiche dei cieli». È difficile etichettare un gruppo di musicisti colti e aperti verso i più eterogenei generi musicali, dall’elettronica alle sonorità mediterranee, sempre rivolte ai popoli di ogni credo politico, religioso, culturale. Una forza che viene prima di tutto dall’anima, dalla voglia di unire e non di dividere, attraverso l’arte. Michele Lobaccaro (chitarra e basso) storico fondatore della band, salirà sul palco accompagnato da Alessandro Pipino (tastiera e fisarmonica) e Nabil Salameh (percussioni). Anche se non ci saranno i componenti al completo, attenzione a questo trio ben oliato e che vanta parecchia esperienza in formazione ridotta, abilissimo a offrire arrangiamenti minimali ma non troppo. In cattedra, i brani dell’ultimo album Il sangre e il sal. Si tratta di canzoni ispirate a un cammino mediterraneo per produrre una rapsodia di suoni e parole e raccogliere frammenti di un’enciclopedia pratica di conoscenze esteriori ed interiori, frutto dello sforzo di chi affronta le quotidiane difficoltà dell’esistenza.
Michele, quali suggestioni lancerete al pubblico?
«Presenteremo i brani dell’ultimo disco, ricchi di metafore, di evoluzioni umane e spirituali, di viaggi metaforici e virtuali. Emergerà il lato più spirituale».
I vostri temi sono rivolti alla condivisione e al dialogo tra i popoli, in un momento storico di forti divisioni.
«Promoviamo attraverso l’arte il confronto tra le diverse culture e il dialogo per superare stereotipi e luoghi comuni dettati spesso da chi non conosce. I canali di comunicazione più diretti dovrebbero aiutare a superare l’ignoranza e le chiusure della gente che generano talvolta incomprensioni fumose e ingiustificate. Se ti illudi che altre popolazioni da te poco conosciute non abbiano cultura, ciò ti fa un perdente. Credo che la chiusura genera paura e il diffondersi del razzismo e, il tutto, agevola l’esclusione degli altri. Non ci stancheremo mai di dirlo attraverso le canzoni».
Le vostre aperture si traducono anche in un abbraccio di più generi musicali.
«La nostra linea guida è quella di emozionarci, ma non siamo legati a generi particolari».
Ci vuole una bella costanza per durare così a lungo.
«Suonare insieme significa condividere e accettare le idee degli altri».