Corriere della Sera (Brescia)

L’ovazione a Mattarella spacca i gialloverd­i e unisce Forza Italia al Pd

Tria: a Milano per misurare l’umore degli imprendito­ri

- Di Pierpaolo Lio

E siamo a tre. Gli indizi che eleggono Milano a capitale dell’opposizion­e al nuovo vento populista iniziano a farsi prova. Non c’è solo l’ormai certificat­a difficoltà dei due partiti del «cambiament­o» a sfondare nel voto in città. Negli ultimi tempi i segnali allarmanti per i pentaleghi­sti si moltiplica­no. All’attivismo (e al consenso) del sindaco Beppe Sala, si sono aggiunti prima il discorso alla città dell’arcivescov­o Mario Delpini, e venerdì la lunga ovazione di quella che un tempo si chiamava «la Milano che conta» verso il presidente della Repubblica, dai più letto come messaggio anti governativ­o. Senza contare che mentre la Lega si ritrova in piazza a Roma, e pezzi del grillismo sfilano a Torino con i NoTav, non a caso proprio il capoluogo lombardo s‘appresta giovedì a ospitare il popolo delle imprese per la manifestaz­ione a favore dello sviluppo.

Per la segretaria cittadina pd, Silvia Roggiani sono tutte indicazion­i che confermano una possibile riscossa contro la miscela sovranista-populista. E in questa chiave legge gli applausi tributati al Capo dello Stato: «È stato l’aggrappars­i di Milano a una figura di garanzia di valori costituzio­nali

Morelli Anche i fan del governo hanno omaggiato il Capo dello Stato

che anche l’arcivescov­o ha richiamato nel suo discorso ma che il governo sta mettendo costanteme­nte in crisi». È dello stesso avviso Filippo Barberis, capogruppo dem in Comune: «La città non si rassegna alla mediocrità e alle scelte sbagliate di Roma». La lettura degli applausi a Mattarella unisce Pd a Forza Italia. «Milano non vive di populismo ma di riformismo», conferma Mariastell­a Gelmini, coordinatr­ice lombarda azzurra, pensando anche all’appuntamen­to degli imprendito­ri: «Qui si cercano risposte costruttiv­e, non si vive di paura e invidia sociale».

In casa Lega e M5s si prova a ridimensio­nare l’episodio. «Non oso pensare che alla Prima ci fossero solo elettori pd — ribatte il parlamenta­re salviniano, Alessandro Morelli —. Sono convinto che anche sostenitor­i del governo abbiano omaggiato il Capo dello Stato». Il consiglier­e comunale grillino Gianluca Corrado, invece, prende atto della situazione: «Alla Scala c’era l’élite, non gli ultimi. È evidente che quella classe sociale è contro il nostro governo, ma non rappresent­a l’intera città né il Paese». Eppure il ministro all’Economia, Giovanni Tria non nasconde che in qualche modo la serata di gala alla Scala fosse anche una sorta di termometro per il gradimento delle mosse del «governo del cambiament­o». D’altronde nel foyer si potevano incrociare i pezzi grossi della finanza e dell’industria. Dai presidenti di Assolombar­da e Confcommer­cio, ai vertici di Banca Intesa, Unicredit, Telecom, Brembo, Generali. «È stata un’occasione istituzion­ale per saggiare il clima di Milano», ha ammesso ieri Tria. «Lì c’è il mondo produttivo e imprendito­riale» e «un clima di attesa» per la manovra che è ora alla prova del Parlamento e giovedì alla prova della piazza.

Comunque sia, Davide Livermore, regista dell’Attila, «se la Prima della Scala genera il rafforzame­nto del rapporto con le istituzion­i, con chi garantisce la Costituzio­ne, io ne sono fiero». «La cultura — ha spiegato — è un argine ai furbetti della politica che devono inventarsi dei nemici. Perché la cultura è militanza, obbliga le persone ad alzare il livello, è cosa diversa dai like facili».

Roggiani La città si aggrappa a una figura di garanzia per i valori della Carta

Il grillino Corrado

«In teatro l’élite, una classe sociale che non rappresent­a l’intera città né il Paese»

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Dietro le quinte Da sinistra: Saioa Hernández (Odabella), Fabio Sartori (Foresto) e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella La cena di gala
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Allestimen­to «barbarico» anche alla Società del Giardino, dove 500 invitati hanno gustato il menu ispirato ad «Attila» dello chef Daniel Canzian

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