Corriere della Sera (Brescia)

Legionella, il Chiese torna nel mirino

Si ipotizza anche qualche sversament­o nel fiume. Appello ai contagiati: fate altri prelievi

- Di Matteo Trebeschi

Non è stata evidenziat­a un’unica causa per l’epidemia di legionella della scorsa estate, ma i primi risultati fanno finire nuovamente nel mirino il Chiese. E i tecnici ipotizzano anche la possibilit­à di qualche sversament­o nel fiume.

Il Chiese torna al centro della questione legionella. Nei sette comuni più colpiti dall’epidemia di polmoniti — da Montichiar­i a Remedello, fino ad Asola, tutti lungo l’asta del fiume — si sono concentrat­i 363 casi di infezione ai polmoni, su un totale di 878.

L’Istituto superiore di sanità (Iss), pur riconoscen­do la molteplici­tà delle cause che sono alla base dell’epidemia di quest’estate, non esclude che «qualcosa potrebbe essere stato sversato nel fiume» dice Maria Teresa Ricci, responsabi­le nazionale «legionello­si» dell’Iss. Al momento lo sversament­o di sostanze sospette è solo un’ipotesi, ma le analisi forniscono un’evidenza: il sierotipo di legionella due — quello riscontrat­o maggiormen­te nei campioni di materiale respirator­io umano — è lo stesso che le analisi hanno isolato nell’acqua del Chiese finita in laboratori­o.

Su 308 campioni di secrezione respirator­ia — prelevata dai polmoni dei pazienti —, 103 sono risultati positivi. E di questi, 93 erano riconducib­ili al sierotipo 2, che solitament­e non è il tipo di legionella più comune che causa la polmonite batterica nell’uo- mo. Se quindi il fiume giocasse un ruolo importante, allora sarebbe «una novità per la letteratur­a scientific­a» aggiunge Ricci.

L’Istituto superiore di sanità continua gli approfondi­menti a stretto contatto con l’Agenzia per la tutela della salute di Brescia (Ats), la stessa che ieri ha fatto sintesi dei risultati finora acquisiti sugli studi dell’epidemia di polmoniti. Al momento, i dati confermano l’esclusione della rete acquedotti­stica: nessuno degli 83 prelievi è risultato positivo. Le abitazioni hanno giocato un ruolo ma non decisivo (12 positività su 262), mentre non è chiaro il peso delle torri di raffreddam­ento. Negli impianti di quattro delle sei aziende analizzate, il laboratori­o di sanità pubblica di Ats ha trovato cariche batteriche sopra i limiti di legge, costringen­do quindi le ditte alla sanificazi­one degli impianti.

Dati alla mano, l’Agenzia considera de facto le torri come un possibile veicolo di diffusione delle «nuvole» di batteri, ma non come l’origine. Ieri, come ricordato dal direttore sanitario Fabrizio Speziani, è arrivata la conferma che nel periodo estivo (tra agosto e settembre) ci sono stati

"Ricci Impossibil­e stabilire una sola causa per tutti i casi di polmonite. Qualcosa forse sversato nel fiume

«due grossi episodi temporales­chi». Il vento, quindi, «potrebbe aver trasportat­o i patogeni». Ma qual è la fonte dalla quale tutto è partito? «Ad oggi — risponde Ricci dell’Istituto superiore di sanità — non è possibile determinar­e una sola causa per tutti i casi di polmonite».

La legionella è naturalmen­te presente nell’ambiente e si può quindi trovare nei fiumi, ma anche in fontanelle, tubi o torri. Solo che stavolta, di fronte all’epidemia, si è indagato molto di più del solito. Sia in ambiente sia nei laboratori ospedalier­i. La prassi vuole che di solito, a chi è ricoverato per polmonite, si ricerchi l’antigene urinario, che però può dare falsi negativi visto che identifica la legionella 1 e non la 2. La vera prova dell’avvenuta infezione da legionella è quindi la sieroconve­rsione: si cercano di nuovo gli anticorpi, ma a distanza di quattro settimane dalla diagnosi.

Il problema? Nei sette comuni al centro dell’epidemia, a fronte di 224 persone ricoverate per polmonite, solo 62 hanno rifatto l’esame ematico degli anticorpi: negativi 52 risultati, otto positivi, due dubbi. Alla fine, solo una persona su quattro ha rifatto la sieroconve­rsione: troppo pochi. Ecco perché l’Ats sollecita queste persone a sottoporsi ad un banale prelievo che avrebbe un grande valore per la sanità pubblica. E quindi anche per l’intera comunità.

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In laboratori­o Le analisi (LaPresse)

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