«Io, docente laureata e precaria ma esclusa dal prossimo concorso»
La denuncia di Federica. Come lei altre centinaia di persone solo a Brescia
La coperta della scuola, al pari delle altre, la tiri da una parte e si accorcia dall’altra. Così accade soprattutto quando si parla di graduatorie, quegli elenchi chilometrici nei quali sono inseriti docenti precari da una vita, giovani che hanno fatto le scuole di specializzazione e chi più ne più ne metta. Se poi le graduatorie sono quelle per la primaria è anche peggio, perché le graduatorie sono così lunghe che tengono insieme vecchi diplomati delle magistrali di una volta con l’ultima tranche di laureati in Scienze della Formazione Primaria.
Il risultato è che Federica Carini, docente della primaria con laurea quinquennale in Scienze della Formazione, rischia di fare una trafila lunghissima prima di poter aspirare al ruolo. Tra qualche mese, infatti, si terrà il concorso non selettivo per immettere in ruolo i precari storici. Una prova orale, con pacchetto di inglese tenuto fuori per evitare problemi. «Una sanatoria che immetterà in ruolo 12 mila persone — spiega Federica Carini — Unici requisiti avere un diploma magistrale conseguito entro il 2002 o la laurea in Scienza della Formazione e due anni, ma non quello in corso, di insegnamento negli ultimi otto». Risultato? Lei e tanti laureati giovani esclusi in partenza. «Pochissimi sono i laureati magistrali (laurea quinquennale) che hanno questi requisiti, perché dalle università i primi con tale titolo si sono laureati nella sessione estiva del 2016».
Nella sua situazione ci sono centinaia di persone solo a Brescia. Giovani, laureati, scuole di specializzazione in curriculum, ma esclusi dal concorso. «Dovremo aspettare quello dopo, se e quando ci sarà». Ecco perché Federica Carini, insieme ad altre 35 amiche e colleghe laureate alla Cattolica di Brescia, ha inviato una lettera ai giornali. «Che almeno si sappia questa nuova assurdità», sottolinea.
Non l’unica, peraltro. Federica Carini è costretta ad inse- gnare sul sostegno, di cui non ha l’abilitazione, dall’otto ottobre scorso. Insomma, vive la sua situazione come un’ingiustizia. Alcune sue amiche faranno ricorso contro questo nuovo ennesimo labirinto delle graduatorie. Lei probabilmente no, ma un po’ arrabbiata lo è, perché vorrebbe una scuola più funzionante per tutti.
È un pezzo del racconto più generale, quello fotografato dal Censis pochi giorni fa, secondo il quale l’Italia continua a investire in istruzione e formazione un modesto 3,9% del Prodotto interno lordo, contro una media europea del 4,7 %.