Grandissime MINIATURE
Un saggio di due studiosi bresciani attribuisce a Gigola nuovi ritratti fra cui un Beauharnais imperiale
L’abito di gala di velluto blu che spicca sotto l’immacolata cravatta a jabot non lascia dubbi. Nell’effige ritrovata, realizzata dal bresciano Giambattista Gigola (1767-1841), il Viceré d’Italia Eugenio di Beauharnais intendeva presentarsi come principe dell’impero francese. In numerosi altri ritratti realizzati dall’artista bresciano nei nove anni trascorsi al servizio dello statista transalpino, Giambattista Gigola l’aveva raffigurato con gli abiti verde scuro in uso alla corte del Regno d’Italia e con la fascia giallo-arancio listata di verde dell’ordine reale italiano della Corona di ferro. Nel ritratto ritrovato del 1806, oggi in una collezione privata, la fascia è invece rossa, come voleva la Legion d’onore francese. Un ritratto, dunque, per rimarcare il proprio rango imperiale, questo commissionato a Gigola dal di Beauharnais, come confermano la Placca di Grand’Aquila e il Grande Collare della Legion d’Onore che l’effigiato esibisce: emblemi che lo collocavano nella ristretta élite imperiale visto che solo tredici persone, oltre a Napoleone, potevano fregiarsi dell’ambito collare.
La mole di informazioni racchiuse in un ritratto di pochi centimetri basta a indicare la maestria del Gigola che ora ha l’occasione di recuperare un pizzico della notorietà perduta grazie alla mostra “Romanticismo” allestita alle Gallerie d’Italia e al Museo Poldi Pezzoli a Milano fino al 17 marzo sotto la cura di Fernando Mazzocca.
L’opera da cui siamo partiti è uno dei tre inediti ritratti in miniatura dei mecenati di Gigola (gli altri sono relativi al marchese Gian Giacomo Trivulzio e al conte Giovanni Battista Sommariva) su cui si sofferma il saggio dei bresciani Bernardo Falconi e Anna Maria Zuccotti contenuto nel volume edito da Silvana che riunisce gli «Scritti per Fernando Mazzocca» — lo storico dell’arte che ha tagliato il traguardo dei settant’anni — sotto il titolo «Dall’ideale classico al Novecento». I 35 saggi che lo compongono spaziano da Canova a Ximenes. Quello degli studiosi bresciani dedicato a Gigola suggella l’acquisizione al corpus di opere dell’artista queste tre nuove miniature: oltre al di Beauharnais in paludati abiti imperiali, anche un giovane, riflessivo Trivulzio circondato dagli amati libri e un malinconico Sommariva, già rapace triumviro della seconda Repubblica Cisalpina che aveva incontrato Gigola a Parigi, ottenendone il ritratto che lo raffigura con le caratteristiche palpebre pesanti già immortalate dall’Appiani e dal Thorvaldsen.
Falconi e Zuccotti ricordano la fondamentale mostra del 1978-79 a Milano e Brescia, curata proprio da Mazzocca, dal titolo «Neoclassico e troubadour nelle miniature di Giambattista Gigola» ma propugnano un ulteriore consolidamento della fama di colui che definiscono «uno dei più geniali e raffinati miniaturisti del tuo tempo», capace di spaziare dai fondi in avorio alle pergamene e alle pagine dei libri, di cui fu illustratore magistrale.
La duplice veste del Gigola miniaturista e illustratore emerge in tutta la sua evidente grandezza proprio nella rassegna «Romanticismo» al cui interno il Poldi Pezzoli offre una mostra nella mostra con diciassette opere del miniaturista bresciano provenienti da Uffizi, Ateneo di Brescia, Parco di Masino, Ambrosiana, Trivulziana, Biblioteca nazionale di Firenze e Biblioteca di Nancy oltre che da numerose collezioni private.
Nel testo del catalogo che accompagna questa affascinante mini-rassegna è ancora Falconi ad additare la poliedricità del Gigola a partire dalla definizione che ne diede il letterato bresciano Giuseppe Nicolini: «Ristoratore della miniatura italiana, introduttore in Italia d’un’arte sconosciuta, rinnovatore d’un’altra perduta». Che si trattasse di dipingere su avorio, smalto o pergamena, Gigola — vissuto a cavallo fra Rivoluzione e Restaurazione — operava «con straordinario successo per la migliore aristocrazia europea». La perdita delle «memorie» dell’artista è una grave amputazione perché esse avrebbero aiutato a ricostruire la vicenda biografica che sta dietro «alla sua originalissima personalità artistica».
Gigola non è l’unico bresciano a spiccare nella mostra milanese sul «Romanticismo»: a lui si affiancano Luigi Basiletti e Angelo Inganni, per un totale di dieci opere provenienti dai Civici Musei, dall’Ateneo e da collezioni private. Ma è il miniaturista a spiccare, con ben 17 opere esposte, ivi comprese le illustrazioni di opere letterarie e dei rinati codici miniati: le prove sul «Decamerone», su «Giulietta e Romeo» e sul «Corsaro» sono lì da ammirare. Al Poldi Pezzoli, ma soprattutto nella Storia dell’arte.
"Gigola geniale
Fu uno dei più geniali miniaturisti del tempo, ritrasse la migliore aristocrazia europea