IL FASCINO DEL LICEO CLASSICO
Undici gennaio 2019, quinta notte nazionale del liceo classico. Malinconica nostalgia? Che cosa avrebbe di così speciale un liceo antico – vecchio, dicono i detrattori – per celebrarlo in una serata in tutta la nazione e anche nella nostra città (Liceo Cesare Arici, ore 20.45)? Partiamo proprio dalla nostalgia, il dolore del ritorno: Ulisse che viaggia nel mondo e nell’interiorità per ritrovare se stesso. Gli studi classici sono un viaggio a ritroso nelle radici della storia dell’uomo e della produzione del suo animo. Fino in fondo, fino all’origine: della civiltà, dell’arte, della letteratura, del significato. Diventare un po’ filologi, amanti della parola, al centro del simbolo e della comunicazione. Simbolo, etimologicamente che mette insieme, al riparo dalla angosciosa operazione di scissione del suo contrario, la confusione, il dia-volo. Una rarità per il mondo di oggi, che proietta i giovani nello spazio «fuori» quasi ostacolando il flusso dentro, strada vitale per la crescita del sé. Allora gli studi classici favoriscono l’armonia della crescita psicologica? Non in quanto tali, ovviamente. Possono essere un’ottima occasione se sono veicolati da persone che dalla classicità hanno imparato a carpire i significati, a leggere l’animo umano, ad andare nel profondo. Ad amare il verbo che si incarna nelle menti, e prima ancora nei cuori, dei loro alunni. E che per cinque intensi anni accompagnerà discenti, docenti e, perché no, le famiglie dei ragazzi, in questo nostalgico ma non malinconico viaggio.
Già, perché amare quello che c’è dentro, lungi dall’essere un ruminio nozionistico, è una forza propulsiva incredibile. È e-mozione, tirare fuori, per investire il mondo e possederlo nella sua essenza. Arricchirlo di valori e di bellezza, apollinea o dionisiaca che sia, quella che solo l’emotività sa dare. Ed è insieme conoscersi, sapendo di non sapere mai abbastanza di sé e degli altri. È, dunque, sapere ed umiltà, grandezza e riconoscimento del limite. È ricerca continua. Del bello e del vero, della sofferenza creativa e della serenità estatica. È uno scoprire l’uomo che trova dentro di sé valori universali, quelle leggi non scritte che uniscono chi è capace di ascoltarsi fino in fondo. Chi cerca l’armonia. Allora, in quest’ottica, educatori appassionati possono aiutare i ragazzi a mettere insieme interiorità spesso frammentate dai ritmi istantanei della cultura attuale, con strumenti raffinati e entusiasmanti, che hanno, cioè, come dice la parola, il cuore dentro. Cuore che pulsa perfino nella grammatica, un esercizio di pazienza e progressione. Piano piano, con dedizione, intuito e creatività, alla soluzione si arriva. Nella traduzione e nella vita. Probabilmente tutto ciò, almeno in occasione di questa notte, va detto a voce alta in un mondo che, purtroppo, comunica ai più giovani tanta paura e tanta difficoltà.