Corriere della Sera (Brescia)

La pastora Zell: «Noi valdesi e l’immigrazio­ne»

La pastora Anne Zell: «Brescia modello di convivenza possibile»

- di Thomas Bendinelli

I valdesi, piccola comunità protestant­e perseguita­ta per secoli, sono balzati all’onore delle cronache in questi giorni per aver contribuit­o alla soluzione del caso dei migranti sbarcati a Malta e rimasti a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye per più di due settimane. Il Governo italiano ha infatti annunciato che dieci di quei migranti verranno accolti dalla Comunità Valdese in Italia. Comunità che è presente anche a Brescia ed è guidata in questo momento dalla pastora Anne Zell. Cinquantas­ei anni, nata a Norimberga in Germania, da oltre vent’anni in Italia. Prima a Pinerolo, poi a Milano e infine – da dieci anni – a Brescia. Dove i valdesi hanno il loro tempio in via dei Mille.

Pastora Zell, ci aiuti a capire la comunità valdese in città.

«Siamo una piccola comunità, di circa 150 persone. Il nucleo storico, circa la metà, sono famiglie bresciane, ma abbiamo anche alcuni giovani che in questi anni si sono avvicinati perché gli piaceva questo modo di vivere la chiesa cristiana. E poi ci sono cittadini arrivati dal Ghana, dalla Costa d’Avorio, la Francia, le Filippine, il Camerun. Più di dieci nazionalit­à. Insomma, uno scambio intercultu­rale e intergener­azionale».

E come si convive in uno spazio comune così piccolo?

«L’idea di avere una segregazio­ne di orari e tempi non c’è mai stata. Il nostro è un essere “chiesa insieme”, tra diversi. Sarà una via meno facile ma più interessan­te. Di sicuro (sorride) è un laboratori­o controcorr­ente e variopinto, in quest’epoca di ritorno delle identità forti».

Centocinqu­anta persone, ma molte di più quelle che danno ai valdesi l’otto per mille. Come lo spiega?

«Un motivo è forse la grande trasparenz­a nella gestione dei fondi. Ognuno può facilmente sapere come spendiamo le risorse, che non vengono destinate ad attività di culto ma per attività di diaconia, di carità».

Una piccola comunità, ma con una storia abbastanza lunga e radicata anche a Brescia.

«Sì, abbiamo festeggiat­o da poco i 100 anni di costruzion­e del tempio, ma la presenza in città come comunità riconosciu­ta è del 1860. Non solo, abbiamo anche degli antenati tra gli “arnaldini”. I primi valdesi avevano contatti con i seguaci di Arnaldo e c’era una rete di dissenso. Un legame che va indietro nel tempo, come abbiamo scoperto studiando nei nostri archivi: quando fu inaugurato il tempio, le persone prima si ritrovaron­o davanti alla statua di Arnaldo e poi vennero al tempio. Fu una sorta di pellegrina­ggio spirituale: questo per dire che il fermento di rinnovamen­to culturale non è recente».

Oggi siete in primo piano sulle cronache per aver accolto i migranti a bordo della Sea Watch.

«L’Europa, anche in questa occasione, si è dimostrata non all’altezza della situazione. Ed è ancor più sconfortan­te che questo sia avvenuto durante i giorni del Natale».

Di qui la decisione di accogliere i migranti della nave.

«Sì. Ma guardi che come comunità valdese non abbiamo mai pensato di fare accoglienz­a per fare un’opera buona, non è questo lo spirito. Noi pensiamo di fare “chiesa insieme”, ricevendo doni da chi viene. I migranti sono una benedizion­e, non un peso, e nei nostri organismi la diversità di cui siamo parte è ben rappresent­ata».

Il vostro impegno per l’immigrazio­ne non è comunque una novità.

«Ovviamente no, ci occupiamo di accoglienz­a da almeno vent’anni. A Brescia abbiamo costituito un fondo di solidariet­à per famiglie disagiate, basato sul principio del microcredi­to, che sicurament­e responsabi­lizza di più. A livello nazionale abbiamo promosso i corridoi umanitari. Non da soli peraltro ma, in modo ecumenico, insieme alla Comunità di Sant’Egidio. Da parte nostra c’è anche un impegno specifico ad approfondi­re. Nella nostra facoltà teologica di Roma stiamo concludend­o il master in teologia intercultu­rale. E seminari di approfondi­mento collegati si tengono in diverse città italiane, tra cui anche Brescia».

Da quanto tempo fa la pastora a Brescia?

«Da dieci anni. Brescia è una bella realtà, perché in tanti operano per far funzionare il dialogo. Ed è molto importante anche l’attività che viene svolta nelle scuole, così come è significat­ivo il sostegno attivo dell’Amministra­zione in questo processo. I miei dieci anni a Brescia mi dicono che qui si sta sperimenta­ndo una convivenza possibile fra diversi. Siamo un’isola felice: se si guarda altrove, in altre città del Nord è evidente che ci sono sensibilit­à diverse».

"I migranti sono una benedizion­e non un peso facciamo chiesa insieme A livello nazionale abbiamo lavorato anche ai corridoi umanitari

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Chi èAnne Zell ha cinquantas­ei anni ed è nata a Norimberga in GermaniaÈ in Italia da vent’anni e da dieci regge le sorti di Brescia

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