La pastora Zell: «Noi valdesi e l’immigrazione»
La pastora Anne Zell: «Brescia modello di convivenza possibile»
I valdesi, piccola comunità protestante perseguitata per secoli, sono balzati all’onore delle cronache in questi giorni per aver contribuito alla soluzione del caso dei migranti sbarcati a Malta e rimasti a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye per più di due settimane. Il Governo italiano ha infatti annunciato che dieci di quei migranti verranno accolti dalla Comunità Valdese in Italia. Comunità che è presente anche a Brescia ed è guidata in questo momento dalla pastora Anne Zell. Cinquantasei anni, nata a Norimberga in Germania, da oltre vent’anni in Italia. Prima a Pinerolo, poi a Milano e infine – da dieci anni – a Brescia. Dove i valdesi hanno il loro tempio in via dei Mille.
Pastora Zell, ci aiuti a capire la comunità valdese in città.
«Siamo una piccola comunità, di circa 150 persone. Il nucleo storico, circa la metà, sono famiglie bresciane, ma abbiamo anche alcuni giovani che in questi anni si sono avvicinati perché gli piaceva questo modo di vivere la chiesa cristiana. E poi ci sono cittadini arrivati dal Ghana, dalla Costa d’Avorio, la Francia, le Filippine, il Camerun. Più di dieci nazionalità. Insomma, uno scambio interculturale e intergenerazionale».
E come si convive in uno spazio comune così piccolo?
«L’idea di avere una segregazione di orari e tempi non c’è mai stata. Il nostro è un essere “chiesa insieme”, tra diversi. Sarà una via meno facile ma più interessante. Di sicuro (sorride) è un laboratorio controcorrente e variopinto, in quest’epoca di ritorno delle identità forti».
Centocinquanta persone, ma molte di più quelle che danno ai valdesi l’otto per mille. Come lo spiega?
«Un motivo è forse la grande trasparenza nella gestione dei fondi. Ognuno può facilmente sapere come spendiamo le risorse, che non vengono destinate ad attività di culto ma per attività di diaconia, di carità».
Una piccola comunità, ma con una storia abbastanza lunga e radicata anche a Brescia.
«Sì, abbiamo festeggiato da poco i 100 anni di costruzione del tempio, ma la presenza in città come comunità riconosciuta è del 1860. Non solo, abbiamo anche degli antenati tra gli “arnaldini”. I primi valdesi avevano contatti con i seguaci di Arnaldo e c’era una rete di dissenso. Un legame che va indietro nel tempo, come abbiamo scoperto studiando nei nostri archivi: quando fu inaugurato il tempio, le persone prima si ritrovarono davanti alla statua di Arnaldo e poi vennero al tempio. Fu una sorta di pellegrinaggio spirituale: questo per dire che il fermento di rinnovamento culturale non è recente».
Oggi siete in primo piano sulle cronache per aver accolto i migranti a bordo della Sea Watch.
«L’Europa, anche in questa occasione, si è dimostrata non all’altezza della situazione. Ed è ancor più sconfortante che questo sia avvenuto durante i giorni del Natale».
Di qui la decisione di accogliere i migranti della nave.
«Sì. Ma guardi che come comunità valdese non abbiamo mai pensato di fare accoglienza per fare un’opera buona, non è questo lo spirito. Noi pensiamo di fare “chiesa insieme”, ricevendo doni da chi viene. I migranti sono una benedizione, non un peso, e nei nostri organismi la diversità di cui siamo parte è ben rappresentata».
Il vostro impegno per l’immigrazione non è comunque una novità.
«Ovviamente no, ci occupiamo di accoglienza da almeno vent’anni. A Brescia abbiamo costituito un fondo di solidarietà per famiglie disagiate, basato sul principio del microcredito, che sicuramente responsabilizza di più. A livello nazionale abbiamo promosso i corridoi umanitari. Non da soli peraltro ma, in modo ecumenico, insieme alla Comunità di Sant’Egidio. Da parte nostra c’è anche un impegno specifico ad approfondire. Nella nostra facoltà teologica di Roma stiamo concludendo il master in teologia interculturale. E seminari di approfondimento collegati si tengono in diverse città italiane, tra cui anche Brescia».
Da quanto tempo fa la pastora a Brescia?
«Da dieci anni. Brescia è una bella realtà, perché in tanti operano per far funzionare il dialogo. Ed è molto importante anche l’attività che viene svolta nelle scuole, così come è significativo il sostegno attivo dell’Amministrazione in questo processo. I miei dieci anni a Brescia mi dicono che qui si sta sperimentando una convivenza possibile fra diversi. Siamo un’isola felice: se si guarda altrove, in altre città del Nord è evidente che ci sono sensibilità diverse».
"I migranti sono una benedizione non un peso facciamo chiesa insieme A livello nazionale abbiamo lavorato anche ai corridoi umanitari