Infezione mortale, Civile «assolto» per la Serratia
Caso Serratia: i primi risultati depositati in procura
Il pm Cati Bressanelli , che si occupa della morte lo scorso agosto, di un bimbo nato prematuro e ricoverato nella Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Civile di Brescia — nel ciclone in queste ore per la morte di altri tre bambini —, ha ricevuto la relazione del suo consulente. Il documento, stando alle prime indiscrezioni, scagionerebbe l’equipe del Civile (sono quindici gli indagati per il decesso del bimbo). Per il consulente dal primo ri- scontro dell’infezione l’ospedale avrebbe fatto tutto il possibile per salvare la vita del piccolo. Rispettando le procedure e le linee guida, somministrando la terapia antibiotica adeguata per cercare di debellare il batterio. In pratica, il Civile avrebbe fatto tutto ciò che poteva e doveva, dal momento in cui fu scoperta l’epidemia da Serratia Marcescens, che attaccò dieci bambini ricoverati nel reparto.
Proprio a pochi giorni dalla morte di quattro neonati prematuri nel reparto di Terapia intensiva neonatale, al Civile, a causa di un non ancora meglio identificato batterio — con tre casi finiti nel mirino della magistratura che ha disposto autopsie e accertamenti — sulla scrivania del sostituto procuratore Cati Bressanelli è arrivata, in queste ore, la consulenza medico legale chiesta (e prorogata) a due esperti di Verona — il professor Angelo Cazzadori e la dottoressa Elisa Vermiglio — per fare chiarezza su un altro caso «sanitario»: il decesso del piccolo Paolo, morto a soli quaranta giorni di vita lo scorso agosto sempre in Terapia intensiva neonatale. Stroncato, anche in questo caso da un batterio, il cui nome però è arcinoto: Serratia Marcescens. Lui e pure il gemello (a sua volta contagiato) vennero alla luce alla 22esima settimana di gestazione: «Una prematurità estrema» la definì da subito il primario del reparto, Gaetano Chirico, parlando di un quadro clinico già gravemente compromesso. Anche lui, insieme ad altre quindici persone — tra colleghi medici, personale sanitario e infermieri — è stato iscritto nel registro degli indagati dal pm per omicidio colposo. Un «atto dovuto e di garanzia», come spesso accade in casi simili, per consentire loro di partecipare — con un consulente tecnico nominato — all’autopsia o ad eventuali atti d’indagine irripetibili.
Una settantina di pagine di relazione per dare conto, innanzitutto, della certezza della causa del decesso: Paolo è morto a causa del Serratia. Ma stando alle conclusioni degli esperti incaricati dal pm, dal primo riscontro dell’infezione l’ospedale avrebbe fatto tutto il possibile per salvare la vita del piccolo. Rispettando le procedure e le linee guida, provvedendo con tempestività a somministrare la terapia antibiotica adeguata per cercare di debellare il batterio che purtroppo, in quel caso, trovò terreno fertile a cui attecchire. In pratica, il Civile avrebbe fatto tutto ciò che poteva e doveva, dal momento in cui fu scoperta l’epidemia da Serratia Marcescens, che attaccò dieci bambini (uno di loro è ancora in reparto). Troppo debole il piccolo Paolo, per riuscire a sconfiggerla: nel suo caso si manifestò con una forte congiuntivite, degenerata in uno choc settico fatale. Per i consulenti, quindi, «non si può censurare l’operato dell’equipe medica e sanitaria che si è occupata del bimbo».
Resta però un «dubbio», che nella relazione non viene affrontato: su dove il batterio si sia sviluppato e come si sia poi diffuso. Paolo è stato il primo ad essere contagiato? Se non è così come ci è arrivato a lui, il Serratia? Il focolaio non è mai stato identificato. Ecco perché l’avvocato che assiste la famiglia del piccolo auspica un’integrazione sui quesiti chiesti ai consulenti, un’approfondimento tecnico proprio per chiarire la fase propedeutica alla contaminazione, anche sulla base delle indagini condotte dai carabinieri del Nas.
A seguito della morte di Paolo quest’estate il reparto di Terapia intensiva neonatale del Civile restò chiuso per intere settimane e bonificato. Dopo oltre un centinaio di tamponi ambientali (che furono condotti però anche sul personale) non si riuscì a trovare nulla. L’emergenza cessò ufficialmente nella prima settimana dello scorso settembre, dopo che, per un mese esatto, non furono registrati nuovi casi di infezione da Serratia Marcescens in terapia intensiva neonatale. Lo disse lo stesso professor Chirico: «In 30 anni non si era mai registrato nel nostro reparto un contagio così aggressivo» dato dal batterio. Gli altri neonati migliorarono, per fortuna.