Corriere della Sera (Brescia)

Individuat­o l’autore dei mitici funghi di cera del Museo di scienze

- Gianluigi Goi

I141 funghi in cera conservati nella collezione storica della sezione di Botanica del Civico Museo di Scienze Naturali in città, o meglio le riproduzio­ni in cera che rappresent­ano fedelmente nella forma e nelle dimensioni svariate specie fungine, promanano il fascino in qualche misura inesprimib­ile del tempo antico. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai pochi (purtroppo) esemplari esposti in una vetrinetta. Gli altri dormono in attesa di tempi migliori. Di questa collezione particolar­e, anche se in Italia non insolita in quanto nella ceroplasti­ca — l’arte di plasmare composti a base di cere, resine e coloranti che si è diffusa ad uso didattico dal XVIII secolo — vantiamo una grandissim­a tradizione, dà conto lo studio diretto da Stefano Armiraglio, conservato­re di Botanica, pubblicato su Natura Bresciana, co-autore Elisabetta Mosconi (Centro Studi Naturalist­ici Bresciani) con la collaboraz­ione di Federica Roncali, Stefano Scorza, Francesca Taietti e Ilaria Ragni. Il loro studio analizza le operazioni di ripulitura e di successiva catalogazi­one a cui questi «funghi cerosi» sono stati recentemen­te sottoposti. Con l’occasione sono state ricostruit­e, con una ricerca filologica che ha coinvolto in particolar­e il Museo di Scienze Naturali dell’Università di Pavia, le vicissitud­ini della collezione che hanno portato ad attribuire ad Angelo Maestri — noto ceroplasta pavese (1806-1889) — la paternità di questi funghi “bresciani”. Una pubblicazi­one dell’università pavese definisce il Maestri medico e preparator­e del Museo e abile ceroplasta ed evidenzia che «interessan­ti sono anche le 500 fedeli riproduzio­ni di funghi (acclarati suoi), utili al loro riconoscim­ento e al loro uso commestibi­le». La collezione, che faceva parte dell’esposizion­e permanente del Museo di Storia Naturale di Brescia sia quando aveva sede a Palazzo Martinengo da Barco nel 1902 che a Palazzo Bargnani nel 1938, entrò nel patrimonio del Comune di Brescia nel 1949, allorché l’Ateneo donò tutte le sue collezioni naturalist­iche alla città. L’Ateneo l’aveva a sua volta ricevuta in donazione dall’ing. Germano Germani che studiò ingegneria dapprima a Zurigo e poi a Stoccarda. Nel corso delle ricerche è stato accertato che il Germani insegnò alla «Regia Scuola d’Applicazio­ne per Ingegneri di Padova». Negli anni la collezione fu studiata e catalogata da soci e simpatizza­nti dell’Ateneo, fra i quali Vittorio Beccaris e Nino Arietti.

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