Fréger: il catalogo è questo
Armani/Silos ospita i lavori del fotografo francese sulle tipologie umane Oltre 250 opere dedicate a travestimenti, divise e costumi tradizionali
Charles Fréger ama la catalogazione. Da sempre l’artista francese (classe 1975) si dedica a quello che potremmo definire un censimento di tipologie umane rilette attraverso professioni, gruppi di appartenenza, abbigliamenti, travestimenti. Da oggi al 24 marzo, Armani/Silos, con la Galleria il Cembalo di Roma, presenta una selezione di oltre 250 opere che testimoniano la coerente ossessione che ha accompagnato il suo itinerario creativo.
Tutto ha avuto inizio nel 1999 quando, ancora studente all’Ecole des Beaux Arts di Rouen, realizza una serie di ritratti di lavoratori di un’industria casearia. Sono ritratti frontali, diretti, illuminati con sapienza, collocati nei luoghi di appartenenza o davanti a un fondo fotografico, con un’attenzione estrema alla messa in posa e all’abbigliamento. Il suo è un inizio straordinariamente felice al quale faranno seguito, affrontati con la stessa implacabile lucidità, giocatori di pallanuoto, majorettes, legionari, levatrici, pattinatrici, marinai finlandesi, lavoratori ecologici, wrestler, in un lungo crescendo, un ininterrotto censimento quasi antropologico di gruppi di persone che già a partire dal 2001 si allargherà territorialmente verso l’Europa e il resto del mondo. L’autore stesso definisce il proprio lavoro come «ritratti fotografici e uniformi» mettendo da subito in relazione la figura umana con i suoi necessari travestimenti. Il termine «uniforme», tuttavia, deve essere inteso con una estremamente ampia gamma di significati, che vanno dalle divise militari alle cuffie dei giocatori di pallanuoto, dalle maschere tradizionali ai decori sulla pelle degli elefanti.
Nel corso degli anni, con il procedere delle sue indagini, l’attenzione nei confronti dell’abito e dei travestimenti è diventata sempre più precisa. A Milano Fregér presenta «Fabula», quattro gruppi di opere nelle quali si intrecciano e si mescolano almeno venti serie diverse realizzate dal 1999 al 2017: «Wilder Mann», sui travestimenti e le maschere del folclore in diversi Paesi europei; «Opera», nella quale ritrae i protagonisti dell’opera di Pechino, progetto che lo ha coinvolto al punto da creare per se stesso il personaggio del generale Lu Quan Ren e i suoi abiti; «Talchum», dedicato ai gesti e ai costumi delle danze sud coreane, e infine «Empire», realizzato in 16 Paesi diversi, ritraendo le guardie reali inglesi, le guardie svizzere del Vaticano passando per 31 reggimenti europei. Un progetto durato tre anni nel quale le divise diventano segnali di appartenenza, non solo a un esercito ma a una tradizione, a un popolo, a una cultura. Precisa Giorgio Armani: «La vitalità del colore è ciò che inizialmente ha attirato la mia attenzione sul lavoro di Charles Fréger. Quel colore, tuttavia, non è un puro espediente visivo, ma una rappresentazione di energia umana. Come stilista di moda, so che l’abbigliamento ha un enorme potere simbolico: Fréger ce lo ricorda costantemente, scavando negli aspetti più profondi del vestirsi come modo di comunicare».