LA GIOCATA PIÙ IMPORTANTE
Non sta ancora «scritto in bianco sul cielo blu», come dice il ritornello dell’inno più amato da quelli che il Brescia lo tifano dai tempi di Gritti o giù di lì, ma che questa squadra sia candidata in maniera serissima alla serie A adesso l’hanno capito anche i sassi. Mancano ancora tre mesi e 15 partite, molte, troppe, ed è noto che il calcio non consenta certezze di questo genere, ma l’impressione è che oggi l’unico avversario del Brescia sia il Brescia stesso. Rispetto alla concorrenza esiste una superiorità netta, indiscutibile, tanto tecnica quanto ambientale. Donnarumma, Tonali, la crisi societaria del Palermo, quella tecnica del Verona, la bellezza leggera del Lecce, il torneo a 19 per il quale Cellino si è astutamente battuto: tutto che soffia dalla parte giusta, dentro e fuori. C’è il senso chiaro dell’impresa, della corsa ideale, dell’allungo consapevole. E l’ordalìa di Pescara è stata un crocevia, un segnale impossibile da non cogliere, al netto di una concentrazione che va mantenuta per evitare di sciupare tutto. Non si vince così, là, se non c’è qualcosa di speciale. Siamo di fronte a una delle versioni migliori del Brescia di sempre. Bello, vincente, giovane, entusiasta. Ma soprattutto con un futuro, un futuro vero. Quel futuro che il Brescia non ha mai avuto, condannato da sempre a vivere alla giornata, stagione dopo stagione, anno dopo anno, scommessa dopo scommessa, come ai tempi di Corioni, che pure ci ha messo il cuore. Corini e la squadra la loro parte la stanno facendo. Cellino anche. I suoi detrattori, sempre meno, sostengono che il Brescia sia per lui solo un business. In fondo però non ha mai detto il contrario, è sempre stato chiaro, schietto. Oggi il calcio questo è, l’epoca degli industriali innamorati è finita, guardiamo Milano e facciamocene una ragione. Vero che Cellino potrebbe provare a migliorare l’empatia con l’ambiente, ma è innegabile che fin qui abbia investito nella società come nemmeno i più ottimisti potevano immaginare. Ora però occorre una giocata importante anche da parte del sistema Brescia, vale a dire città, politica, tessuto imprenditoriale, Cellino stesso. Perché il Rigamonti è una vergogna, una cicatrice, un peso insostenibile. In A così non ci si può andare. Sennò sarà stato tutto inutile.