Schlesinger Il sublime delle piccole cose
In galleria Minini l’israeliano Schlesinger e le sue piccole catastrofi
Lacerti di specchi rotti. Carcasse di alberi. Piccole catastrofi e una fiamma che arde sui rami artritici, senza consumarsi.
È un’Apocalisse poetica, fatta di relitti e macerie aggrovigliate: per la sua seconda personale in città, We started with a flame..., Ariel Schlesinger (Gerusalemme, 1980), ha sparso piccole catastrofi e sottili perturbazioni nella galleria di Massimo Minini, trovando il sublime nel banale.
Il primo segno è ciclopico: lo scheletro — un calco in bronzo — di un albero di cachi. Tra le tonnellate di materia, brucia una minuscola, inesauribile, fiamma, che non scalfisce la corteccia. «Ho cercato un equilibrio tra la dimensione del fuoco e quella, monumentale, della pianta» dice l’artista mentre salta come un fauno sul tronco (un lavoro quasi identico sarà esposto alla fine dell’anno al Museo Ebraico di Francoforte). Quella per il fuoco è un’ossessione: torna, e galleggia in una vasca da bagno, nel video della terza sala. Ma ricorre in altri lavori di Schlesinger, come la Mini Cooper nera con due serbatoi pieni di gas sui sedili passeggeri e una fiamma accesa sul finestrino. «Non sono mai stato nell’esercito, non so da dove venga questa fissazione: una volta ho provato a dare fuoco alla mia classe» scherza (o forse non troppo) l’artista. «Uso sempre il fuoco in modo diverso: in certi casi, allude a qualcosa che non si può vedere». Rende visibile l’invisibile. «Ma la mia ricerca è in continuo divenire, e si può inter- pretare in vari modi: dipende da chi guarda». Quelli di Schlesinger sono spesso segni latenti che affiorano dalle cose banali, e che risvegliano l’attenzione dal torpore: oltre il cadavere del caco, nella seconda sala ci sono frammenti di specchio rotti e aggrovigliati tra loro: «Ho cercato l’incastro perfetto tra i vari pezzi». Come al solito, le parole giuste le trova Massimo Minini nelle poche righe con cui descrive la mostra: «Unisce la costante ricerca sulla trasformazione di un evento da negativo in positivo, lo sfruttamento di qualcosa di ordinario come possibilità creativa e un’inedita voglia di confronto con la grande scultura che non perde mai di vista il prezioso valore della sorpresa».