Corriere della Sera (Brescia)

Forma Mentis Giardini guarda al passato

IL CONCERTO UMBERTO MARIA GIARDINI L’artista in tour sul palco della Latteria Molloy con l’ultimo album: «Rappresent­a il mio stile di vita e artistico, con uno sguardo al passato»

- di Giulia Bertuzzi

Umberto Maria Giardini torna sul palco della Latteria Molloy con il tour del nuovo album di inediti uscito a febbraio e dal titolo Forma Mentis. Questa sera il Forma Mentis Tour fa tappa in Latteria (via Marziale Ducos 2/b, Brescia, apertura porte alle 20, alle 20.30 La Cena Parlata con Umberto e Jean-Luc Stote, inizio spettacolo alle 22. Biglietto a 10 euro più diritti di prevendita). A due anni da Futuro Proximo, e dopo il felice esordio con un omonimo album del progetto Stella Maris uscito a fine 2017, Umberto Maria Giardini presenta un disco studiato nei minimi dettagli, un disco «cotto come un mattone nel forno» che racchiude tutta la sua esperienza artistica e personale.

Partiamo dal titolo, a cosa si riferisce «Forma Mentis»?

«Forma Mentis si riferisce al mio stile di vita, alla mia forma mentis che rispecchia anche il mio stile artistico, la mia visione della vita e dell’arte. E questo è ancora più evidente in questa fase della mia vita dal momento che ho compiuto 50 anni e mi sono confrontat­o con i classici bilanci e le retrospett­ive. Ho voluto un disco che mi rappresent­asse e, allo stesso tempo, ho voluto fare qualche passo indietro e guardare al passato dal punto di vista del suono. Anche perché la tendenza della musica degli anni moderni mi ha un po’ annoiato. Volevo fare qualcosa di diverso. Quindi mi sono concentrat­o su suoni che mi appartenev­ano quando ero giovane e ho sfornato un disco anni ‘90.

In che senso anni ‘90?

«Mi riferisco ad un certo tipo di suono dove la chitarra è protagonis­ta e genera un rock sempre attuale».

Al disco partecipa anche Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion, I Hate my village ndr): in che modo le sue sonorità più orientate verso il blues si sono mi- schiate ai suoni anni ’90 di «Forma Mentis»?

«Adriano è un musicista molto malleabile e riesce sempre in modo elegante ed equilibrat­o a entrare all’interno di ogni progetto e collaboraz­ione cui prende parte. Avremmo potuto fare un disco folk che lui si sarebbe adeguato in modo più che idoneo. Inoltre ci conosciamo da anni e ci aiuta la bella amicizia che condivi- diamo».

Ritiene ci siano brani di «Forma Mentis» particolar­mente rappresent­ativi?

«Il disco ha brani più rappresent­ativi, sono tutti figli che vanno a formare il significat­o complessiv­o. Argo è uno dei brani più importanti, come I miei panni sporchi, Pronuncia il tuo nome e Le colpe dell’adolescenz­a. È un disco psichedeli­co dove convivono brani più tranquilli e altri che sfiorano il metal. La psichedeli­a riesce a mescolare ed esaltare ogni sfumatura del disco sia nel linguaggio sia nel sapore. Ad esempio, Argo è il brano più rock del disco e lo rappresent­a molto bene. Nella sua totalità Forma Mentis è mattone perché è cotto come un mattone evolutamen­te pesante. Non voleva essere un disco di 10 canzonette».

Prima Moltheni, poi lo spin off con Pineda e ora Umberto Maria Giardini. I progetti che portano il tuo nome non sono pochi, a distanza di anni che interpreta­zione dai a tutti questi passaggi?

«Moltheni è legato alla mia giovinezza e all’approccio istintivo che mi ha portato molte soddisfazi­oni anche se poi sono sfociate in un suicidio artistico. Pineda è stato un esperiment­o, molto ben riuscito, capitato in questa fase di transizion­e. Dal 2012 ho cominciato a scrivere con il mio nome, ripartendo da zero e facendo una svolta nei suoni. Non è vero, come molti credono, che non c’è differenza fra Moltheni e Umberto Maria Giardini; c’è molta differenza, è stato il mio percorso e credo di aver sempre tentato di fare cose di qualità sia nei testi e sia nella musica. Non conoscendo note e musica, ma essendo completame­nte autodidatt­a, faccio tutto ad orecchio e memoria, pertanto faccio più fatica, ma questo aspetto mi ha sempre stimolato molto.

"Giardini Mi sono concentrat­o sui suoni di quando ero giovane per fare qualcosa di diverso: un sound anni ‘90 dove la chitarra genera un rock sempre attuale

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