Ecco l’auto del futuro
Il torinese Marco Pavone dalla Nasa al Museo Mille Miglia
Dalle aule dell’Università di Stanford, California, ai locali del bresciano Museo Mille Miglia per parlare di self-driving cars — automobili senza conducente — e intelligenze artificiali: Marco Pavone, direttore del Laboratorio di ricerca sui Sistemi Autonomi e Assistant Professor di Aeronautica e Astronautica presso la prestigiosa università USA, intrattiene gli uditori di uno dei 60 incontri annuali, dal vivo, del Servizio Aggiornamento Permanente di The European House - Ambrosetti, parlando di un futuro non troppo lontano, già oggi visibile sulle nostre strade e del tutto operativo tra cinque/dieci anni.
Vincitore nel 2017 del premio Pecase, conferitogli dall’allora presidente Obama per gli studi sui robot spaziali in collaborazione con la NASA, Pavone nasce a Torino, compie i primi studi in Sicilia e consegue il Dottorato di ricerca in ingegneria aerospaziale al Mit di Boston.
Non è l’ennesimo caso di eccellenza italiana sfuggita al nostro Paese poiché, come ricorda Pavone, furono proprio la determinazione e i sogni di adolescente a spingerlo oltre oceano: «Nel 1998 atterrò un primo robot su Marte. Ne rimasi affascinato e decisi di intraprenderne il percorso in un settore così specifico che mi costrinse a formarmi e lavorare all’estero».
Una determinazione che oggi confluisce nella sperimentazione di nuove tecnologie e nella progettazione di robot capaci di prendere decisioni autonome, indipendenti, come quelli impiegati in auto senza conducente.
Quali i progressi della ricerca e le sfide per il futuro?
«Due le prospettive fondamentali, strettamente connesse: non è possibile ragionare sullo sviluppo di queste tecnologie, su sicurezza ed efficienza, svincolandosi dall’analisi della loro applicazione e delle conseguenti problematiche. La ricerca procede a ritmi serrati con risultati soddisfacenti: tali auto richiedono ad oggi l’intervento umano ogni circa 11.000 miglia. Negli USA vengono testate su qualsiasi tipo di tragitto e in diverse condizioni climatiche, Torino ha dato il via alle prime sperimentazioni, ma numerose e complesse sono le questioni da affrontare: come predire i comportamenti umani su strada? Come applicare la nuova tecnologia e quali reazioni potrebbe manifestare la società?».
Molteplici gli scenari aperti a partire dalla riflessione sugli aspetti vantaggiosi derivanti dall’impiego dell’Intelligenza artificiale: da un maggior livello di sicurezza del trasporto al calo della mortalità per incidenti stradali, fino al raggiungimento di una mobilità più accessibile e conveniente (per anziani, disabili).
Ma c’è anche un possibile impatto negativo: l’aumento di traffico, se non associato al servizio di car sharing, e di emissioni di CO2; il crollo del sistema di trasporto pubblico; la perdita di posti di lavoro e la necessaria ammortizzazione sociale. Pro e contro da valutare, tentando di prevedere l’effetto sulla società, con uno sguardo sui risvolti economici e antropologici.
«Pochi giorni fa Stanford ha annunciato la nascita dello Human-Centered Artificial Intelligence, luogo di incontro per intelletti di diversa provenienza — 50% ingegneri/scienziati e 50% filosofi/ antropologi/sociologi — e dibattito su come l’intelligenza artificiale possa incrementare la produttività umana e migliorare le condizioni di vita, su come possa essere accolta dalla società».
La riflessione umanistica, etica e filosofica non è infatti materia avulsa, e lo scienziato non può prescindere da essa: in casi estremi, che implicano la scelta di quale vita salvare nel contesto di incidente stradale, su quali principi un robot potrebbe intervenire? E ancora, la sostituzione dell’uomo con la macchina, a livello manuale e cognitivo, ne implica un impoverimento, se viene ad essa delegata la funzione principale, il pensiero?
«La riflessione filosofica è del tutto teorica e applicabile solo a casi rari e specifici, dove la “scelta” robotica sarebbe del tutto casuale, basata sulla mera attuazione di norme stradali e da necessità dettate dalla condizione: norme “neutre”, senza distinzioni di sesso, razza, status sociale. Dal 1700 la tecnologia subentra all’uomo e concede di impiegarne il potenziale in occupazioni più edificanti, permettendo lo sviluppo di nuovi profili lavorativi: si presuppone che possa accadere di nuovo. Più che di “intelligenza” artificiale, sarebbe poi corretto parlare in termini di “autonomia”, poiché l’intelletto umano non è sostituibile e i robot presentano ancora numerose lacune, colmabili, solo in parte, forse tra un centinaio d’anni».
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Vantaggi Vetture auto-guidate entro 5-10 anni: più sicurezza, più mobilità per anziani e disabili
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